Giovanni Bensi
Era rimasto orfano di padre a nove anni e da ragazzo aveva fatto l'apprendista tipografo. A soli 15 anni fu, a Milano, tra i fondatori della Federazione giovanile socialista. Nel 1914 fu arruolato nell'esercito e mandato al fronte, di dove tornò per malattia. Dimesso dall'ospedale militare nel 1919, fu incaricato di dirigere la Camera del Lavoro di Magenta e l'anno dopo gli fu affidata la direzione della CdL di Milano. Consigliere comunale e, come si diceva allora, deputato provinciale, Giovanni Bensi fu per cinque anni oggetto di continui attacchi da parte dei fascisti, ma ciò non gli impedì di continuare a dirigere con intelligenza la maggiore organizzazione operaia milanese. Nel 1925, quando la CdL fu chiusa d'autorità, Bensi rifiutò fermamente di consegnare ai fascisti, che lo picchiarono selvaggiamente, gli elenchi degli iscritti. Le percosse indebolirono ancor più il fisico del dirigente sindacale che decise di riparare in Francia con la sua compagna e il loro figlioletto di tre anni. Per sopravvivere nell'emigrazione si mise a fare il cappellaio e, nonostante la salute malferma, mantenne attivi contatti politici con i dirigenti socialisti riparati in Francia. Morì a soli 35 anni in un ospedale parigino. Sulla sua tomba al Père Lachaise, una lapide dettata da Turati recitava: "Giovanni Bensi/Italiano: Socialista/Morto esule/per la sua fede". Dal novembre del 1949 la salma del dirigente della CdL milanese riposa al Cimitero Monumentale di Milano, dove era stata traslata per volere dei suoi compagni.