Rinaldo Carati
Lavorava come operaio alla Isotta Fraschini e nel 1940 era stato chiamato alle armi in Aeronautica.
All’annuncio dell’armistizio il giovane aviere (che si trovava a Busto Arsizio, dopo aver prestato servizio a Perugia e a Tripoli), si affrettò a raggiungere il quartiere milanese dove abitava la sua famiglia ed entrò subito a far parte delle Squadre di Azione Patriottica inquadrate nella 112ma Brigata Garibaldi.
Il quartiere (già stazione di posta romana alla periferia Ovest della città), conservava ancora, allora, caratteristiche agricole e i repubblichini della “EttoreMuti” imposero alla popolazione la trebbiatura. A sera, quando i fascisti erano sulla strada del ritorno, furono attaccati dai sappiti. Per ritorsione gli sgherri della “Muti” il giorno e la notte successivi condussero un rastrellamento casa per casa e sorpresero Carati alla periferia del quartiere.
Catturato e fucilato contro un muro in piazza Giosia Monti, il cadavere del ragazzo fu abbandonato sul luogo dell’esecuzione, dove oggi lo ricorda (con Rino Sisti, Attilio Clerici e Giuseppe Galli), una lapide che l’ANPI ha fatto apporre dopo la Liberazione.