Giuseppe Emanuele Modigliani
Di origini ebraico-borghesi aveva, ancora giovane, aderito al socialismo ed era diventato collaboratore del giornale “l’Avanti!”. Alla fine dell’Ottocento si era messo in luce nel PSI, diventandone uno dei dirigenti, tanto che nel 1913 era stato candidato alla Camera dei deputati ed eletto per la circoscrizione di Budrio (BO).
In Parlamento si distinse per la sua oratoria pacifista e, mentre da avvocato si spendeva nella difesa degli operai imputati per i fatti di Torino dell’agosto 1917, in Parlamento, con l’inizio dello squadrismo, si impegnava nella denuncia delle sue violenze, tanto che nel 1920 fu tra i parlamentari aggrediti dai fascisti.
Nel 1922, Modigliani era uscito dal PSI ed era passato nel Partito socialista unitario. Nel 1924, dopo che si era costituito “parte civile” nel processo per l’assassinio di Giacomo Matteotti, l’avvocato socialista fu di nuovo aggredito dagli squadristi e decise di espatriare.
Passò in Austria e poi in Francia, dove si impegnò nella lotta antifascista. Con l’occupazione nazista della Francia i suoi compagni aiutarono “Menè” (come lo chiamavano gli amici) a riparare in Svizzera, di dove rientrò in Italia dopo la Liberazione.
Membro della Consulta, Modigliani nel 1946 fu eletto alla Costituente per il PSI. Seguì poi Saragat nella scissione di Palazzo Barberini e fu eletto presidente del PSLI, sostenendo le scelte “centriste” della DC che avrebbero portato all’espulsione dei comunisti dal governo.
Oggi una piazza di Livorno è intitolata al dirigente riformista. Porta il suo nome e quello della moglie una Fondazione attiva a Roma.