Francesco Albertini
Attivo antifascista, Francesco Albertini quando era studente in Legge all’Università di Torino, militava già nei gruppi comunisti clandestini presenti in quell’Ateneo. Arrestato nel 1932 il giovane se la cava grazie all’amnistia e riprende il suo impegno clandestino.
Non così nel dicembre del 1943, quando Albertini, che è tra gli organizzatori della Resistenza nell’Ossola, non solo finisce in carcere a Torino, ma di qui, nel febbraio del 1944, è deportato a Mauthausen e dopo tre giorni di tradotta, immatricolato con il numero 53347.
Classificato come “Schutzhaftlinge” (prigioniero per motivi di sicurezza), il deportato è trasferito dai nazisti al sottocampo di Gusen. Ma Albertini non cede e, nel Lager, entra a far parte dell’organizzazione internazionale di resistenza del sottocampo, dal quale sarà liberato il 5 maggio del 1945, con l’arrivo delle truppe americane.
È il 29 giugno quando Francesco Albertini, finalmente, può tornare in Italia. Il tempo di riprendersi dalle sofferenze subite ed eccolo di nuovo al lavoro per quegli ideali ai quali ha dedicato tutta la sua vita. Nelle prime consultazioni elettorali dopo la Liberazione l’avvocato Albertini viene eletto consigliere provinciale di Novara. Nel 1958 e nel 1963 è eletto deputato per il PSI.
Nel 1963, nominato senatore, diventerà vice presidente dell’Assemblea di Palazzo Madama; sarà anche deputato europeo e in tutti questi incarichi (farà pure parte come sottosegretario al Tesoro del 2° e 3° Governo Moro), Albertini si adoprerà per proporre e far approvare leggi a favore degli ex deportati, che rappresenterà per tutta la sua lunga vita, come dirigente della loro Associazione nazionale e le cui sofferenze, nel 1982, ricorderà nel saggio “Come e perché i Lager nazisti”.