Ettore Ortolan
Il giorno della Liberazione si trovava (col nipote sedicenne Adolfo Ortolan e altri dieci uomini della Brigata “Negrin” della Divisione “Francesco Sabatucci”), in una casa colonica sulla strada delle Maleviste. Con i suoi compagni attendeva il segnale per entrare nel capoluogo della provincia e liberarlo degli ultimi nazifascisti.
Improvvisamente il casolare fu circondato da migliaia di uomini delle brigate nere e delle SS, che procedevano su tre file concentriche. I partigiani si difesero per ore, consumando quasi tutte le scarse munizioni. Inutile fu anche un tentativo di sortita per raggiungere il grosso della formazione partigiana raggruppato nella zona.
Ettore e il nipote, mentre uscivano allo scoperto, caddero colpiti in pieno da una raffica di mitraglia; i loro corpi furono rinvenuti a notte alta dagli altri partigiani che avevano già liberato Treviso.
Ettore e il nipote erano in terra e in mano stringevano ancora le armi scariche. I nazifascisti li avevano brutalmente colpiti anche quando erano già morti; i cadaveri di Ettore e di Adolfo furono infatti trovati con le teste e gli arti sfracellati a colpi di calcio di moschetto e di mitra.
Soltanto sette degli uomini di quel reparto della “Negrin” sopravvissero: si erano completamente immersi in un fossato delle Maleviste ed avevano respirato per ore utilizzando cannucce d’erba.