Rigoletto Martini
Nel 1930 era espatriato clandestinamente in Francia e per due anni aveva collaborato a Parigi al Centro Estero del Partito comunista. Passato poi a Mosca, aveva compiuto molte missioni clandestine in Italia col compito di organizzare la lotta contro il fascismo dominante.
Allo scoppio della guerra di Spagna si era arruolato nelle Brigate internazionali, combattendo contro i franchisti in difesa della Repubblica democratica.
Diventato membro del Comitato centrale del PCI, Martini fu incaricato, nel 1940, di riprendere i collegamenti con l’Italia, cosa che Martini fece sino a che non fu arrestato in Jugoslavia e rinchiuso in campo di concentramento. Riuscito ad evadere dopo un anno, nel giugno del 1941 fu sorpreso dalla polizia fascista mentre da Fiume tentava di passare clandestinamente in Patria.
Processato e condannato dal Tribunale speciale a 25 anni di reclusione, Rigoletto Martini, già malato, fu rinchiuso nel carcere di Civitavecchia dove Antonio Pesenti, pure lui in prigione, ebbe modo di conoscerlo e di apprezzarne le doti di dirigente. L’economista comunista ne dice con grande partecipazione nel libro “La cattedra e il bugliolo” edito nel 1972 da “La Pietra”.
Martini morì nell’infermeria della prigione poco dopo il suo arrivo a Civitavecchia.