Ersilio Ambrogi
Anarchico di formazione, prima di laurearsi in Giurisprudenza a Bologna aveva già subito arresti e carcerazioni per “attività sovversiva”. Nel 1912 aveva cominciato a svolgere a Milano la professione forense e dopo la Prima guerra mondiale, avendo aderito alla frazione massimalista del PSI, nel 1919 fu eletto deputato socialista per la Circoscrizione Livorno-Pisa. Nel 1920 divenne sindaco di Cecina (LI) e nel 1921 fu coinvolto in uno scontro con gli squadristi e accusato di omicidio. Processato e condannato, nel 1924, a 21 anni di reclusione, l’avvocato Ambrogi (che era intanto passato nelle file del PCd’I, e che era stato candidato alla Camera venendo eletto deputato, poté per questa ragione riacquistare la libertà). Il 1922 lo vede a Mosca e poi a Berlino dove entrò a far parte del “Soccorso Rosso” e divenne membro dell’Esecutivo dell’Internazionale comunista. Essendosi schierato con Bordiga e i troskisti nell’opposizione a Stalin, nel 1929 Ambrogi è espulso dal PCd’I. Si stabilisce in Germania, me nel 1932, dopo aver fatto un’ampia autocritica, torna in Unione Sovietica, dove è messo a lavorare in una fabbrica. Pur escluso da compiti di direzione politica, l’avvocato riprese i suoi atteggiamenti antistalinisti e, per non incorrere in ritorsioni, abbandonò l’URSS con l’aiuto dell’Ambasciata d’Italia. Stabilitosi a Bruxelles, nel 1941 l’inquieto avvocato tentò di rientrare clandestinamente nel nostro Paese, ma fu arrestato al Brennero e incarcerato a Padova, dove cominciò a scontare la condanna a 21 anni di reclusione che gli era stata inflitta nel 1924. Sulla base di documenti pubblicati nel 1977 dall’Istituto Feltrinelli ha preso corpo l’ipotesi che Ersilio Ambrogi fosse un abile doppiogiochista. Fatto è che nel secondo dopoguerra l’avvocato poté tornare a Castagneto Carducci e che, nel 1957, fu riammesso nelle file del PCI, nel quale restò sino alla morte.