Chiara Arduino
Nel 1938 si era trasferita dal capoluogo lombardo ad Imperia e qui, l'anno successivo, aveva sposato Mario Baldo Nino Siccardi, esponente dell'antifascismo locale. Con l'inizio della Resistenza il marito ("Curto" il suo nome di battaglia) era salito in montagna dove, nel 1944, aveva assunto il comando della IX Brigata Garibaldi, per guidare poi la II Divisione d'assalto Garibaldi "Felice Cascione".
Nell'agosto del '44 anche Chiara, ricercata dalla polizia fascista, dovette raggiungere i monti. Portò con sé le due figliolette, Silvia e Vincenzina, che, sistemate in due cestoni, viaggiarono con la mamma a dorso di mulo per monti e per valli sino alla Liberazione. Chiara operò come infermiera all'ospedale partigiano di Valcona; sfuggì con i partigiani che aveva in cura ai rastrellamenti; in più di un'occasione partecipò personalmente ad azioni di guerriglia, per le quali fu decorata.
Dopo la vittoria sul nazifascismo si trasferì con la famiglia ad Arenzano. Passò poi a Genova come direttrice didattica. Coerente con le sue idee, si batté sino alla fine per la libertà, la democrazia, la giustizia sociale e la pace.