Don Francesco Babini
Parroco di Donicilio, una frazione di Verghereto nell'alta valle del Savio, il giovane sacerdote collaborava con i partigiani della 8a Brigata Garibaldi. Fu arrestato il 14 luglio 1944, assieme a un suo colono, Riziero Bartolini, perché aveva ospitato nella canonica un ragazzo del luogo renitente alla leva e un aviatore sudafricano. Don Francesco fu tradotto nelle carceri di Forlì a disposizione delle SS, che lo sottoposero anche a tortura.
Il 26 luglio, in seguito all'uccisione di un soldato tedesco, il prete fu prelevato dalle carceri e condotto a Pievequinta, dove fu fucilato per rappresaglia assieme al suo giovane colono e ad altri otto prigionieri definiti, in un manifesto del comando tedesco, partigiani e comunisti. I loro nomi: Alfredo Cavina detto "il Vecchio", Antonio Luccini, Biagio Molina, William Pallanti, Edgardo Rodolfi detto "Lignon", Mario Romeo, Antonio Zoli detto "Fiscin" e Luigi Zoli. I corpi dei martiri furono lasciati per due giorni sul luogo dell'esecuzione. Oggi a Pievequinta, una zona alla periferia di Forlì, sorge un cippo, che ricorda la strage di antifascisti. A don Francesco Babini sono intitolate vie a Bertinoro (Forlì) e ad Altedo (Bologna).
Nell'aprile del 2006, alla memoria di don Babini è stata assegnata la Medaglia d'oro al merito civile con questa motivazione: "Sacerdote di elevate qualità umane e civili, nel corso dell'ultimo conflitto mondiale, si prodigò con eroico coraggio e preclara virtù civica in favore dei partigiani, dei militari alleati e di tutti coloro che erano in difficoltà, offrendo loro viveri e alloggio. Arrestato dai nazifascisti veniva torturato per due giorni e barbaramente fucilato da un plotone di esecuzione germanico, insieme ad altri otto cittadini. Fulgido esempio di spirito di abnegazione e di rigore morale fondato sui più alti valori cristiani e di solidarietà umana".