Giovanni Banchieri
Prima di laurearsi in Giurisprudenza, aveva fatto anche il contadino e l'operaio. Banchieri nel 1919 (dopo aver partecipato alla Prima guerra mondiale come ufficiale), aveva aderito al PSI, entrando nella corrente "terzinternazionalista". Comincia così un impegno politico che non sarebbe mai cessato. Nel 1925, perseguitato dai fascisti, dovette emigrare in Francia con la famiglia (che l'avrebbe sempre seguito nelle sue peregrinazioni sostenendone l'impegno) e, a Tolosa, divenne dirigente della Concentrazione antifascista del Sud-est.
Nel 1929, a Parigi, come membro del partito comunista italiano al quale ha aderito, entra nella segreteria dei "Comitati popolari antifascisti", che dirige nella regione parigina. Dal 1938 amministra La voce degli italiani sino a quando, nel 1940, la polizia francese non lo arresta. Deportato in campo di concentramento, Giovanni Banchieri riesce ad evadere prima dell'arrivo dei tedeschi. Nel 1942 è la polizia italiana ad arrestarlo e a confinarlo a Ventotene.
Liberato alla caduta del fascismo, dopo l'8 settembre 1943 ecco Banchieri tra gli organizzatori (col figlio Giuseppe, che sarebbe poi passato nel Padovano), della Resistenza nel Bellunese. Inquadrato nella Divisione garibaldina "Nannetti" si batte contro i nazifascisti, che riescono però a catturarlo. Liberato con un'azione partigiana, a guerra finita Banchieri è eletto vicepresidente della Provincia di Belluno. È stato anche direttore del periodico Avanti popolo! e, negli anni 1951-52, insegnante nelle scuole di partito del PCI.
A Roma, nel giugno del 2007, è stato per la prima volta presentato integralmente l'archivio privato della famiglia Banchieri: un caso singolare ed edificante, nella storia della milizia politica, dell'antifascismo e della Resistenza.