Mario Batà
Nel 1940 aveva interrotto gli studi per rispondere alla chiamata alle armi e, quando la Scuola centrale del Genio era stata trasferita da Civitavecchia a Macerata, Batà era stato promosso tenente. Due giorni dopo la caduta di Mussolini, il giovane ufficiale scriveva in una lettera alla madre: "... solo ora comincia la nostra guerra e vedrai che sapremo scrivere ancora pagine gloriose, epiche; ora che si combatte per la nostra Patria, non già per un'idea che nessuno sentiva e per una schiera di ladroni... ".
Pochi mesi dopo Mario Batà, datosi alla macchia, assunse sulle montagne del Maceratese il comando di un gruppo di partigiani di Frontale, inquadrati nella 5a Brigata d'assalto "Garibaldi" della provincia di Ancona. Durante uno scontro con i nazifascisti, la sua formazione ebbe diciotto caduti. Lui stesso, catturato per delazione, fu fucilato.
La motivazione della Medaglia d'oro dice: " Organizzatore del movimento clandestino nella zona di Macerata, si esponeva ai più gravi rischi per il potenziamento delle bande armate partigiane da lui formate con sicura fede patriottica. Arrestato su delazione e condannato a morte, chiedeva che gli fosse concesso di indossare l'uniforme e che la sua salma fosse sepolta avvolta nel tricolore, affrontando quindi, con serena fierezza, il plotone di esecuzione. Riceveva in pieno petto il piombo fratricida che troncava nelle sue labbra la suprema invocazione alla Patria. Fulgido esempio di elette virtù militari, ha legato il suo nome alla storia della redenzione d'Italia".
Dopo la Liberazione, alla memoria di Mario Batà è stata concessa la laurea in Ingegneria "ad honorem"; un via gli è stata intitolata a Macerata.