Alessandro Bianconcini
Nel 1929 si era iscritto al Partito comunista clandestino ed aveva cominciato a svolgere attività antifascista tra i giovani che aveva modo di frequentare. Nel 1935, resosi conto che i fascisti stavano per arrestarlo, Bianconcini emigrò in Francia. Qui si prodigò nelle organizzazioni del Fronte Popolare e del Soccorso Rosso Internazionale. Nell'ottobre del 1936, il professore accorre in Spagna e combatte nella Brigata "Garibaldi" sino a che, nella battaglia di Pozuelo, è gravemente ferito. Riesce a salvarsi e rientra in Francia dove, nel 1938, la polizia lo arresta e, dopo l'occupazione tedesca, lo consegna a quella italiana.
Condannato a cinque anni di confino a Ventotene, Bianconcini riacquista la libertà nell'agosto del 1943 e, con l'armistizio, si dà ad organizzare la Resistenza nel Bolognese, dove assume il comando della 7a Brigata GAP. Catturato dalle Brigate nere a Bologna il 9 gennaio del 1944, il professore viene portato, con altri nove patrioti di Bologna e di Imola, di fronte ad un sedicente Tribunale straordinario. Si vuole una vendetta per l'eliminazione, da parte dei partigiani, del federale repubblichino e la condanna a morte arriva puntuale.
Il 27 gennaio il professore antifascista ed altri sette cittadini sono fucilati al poligono di tiro di Bologna. Nell'agosto 1944, la IV Brigata d'assalto Garibaldi assume il nome di 36a Brigata "Alessandro Bianconcini".