Eugenio Bruni
Era ancora studente in Giurisprudenza quando col fratello Roberto, maggiore di quattro anni, si era impegnato nella lotta contro il fascismo. Arrestato una prima volta l’11 ottobre 1941, per aver imbrattato il monumento a Mussolini che sorgeva allora davanti al Municipio di Bergamo, il ragazzo finì davanti al Tribunale speciale. Condannato a tre anni di carcere, uscì da “Regina Coeli” grazie alla caduta di Mussolini. Tornato a Bergamo, dopo l’armistizio Bruni decise, col fratello, di unirsi alle prime formazioni partigiane che si stavano formando in Val Canovina, intorno al Lago Maggiore. Intercettati dalle guardie forestali fasciste e consegnati alle SS, i fratelli Bruni furono prima avviati al campo di concentramento di Bolzano-Gries e poi deportati a Dachau, da dove Roberto, morto di stenti e di tifo petecchiale il 13 febbraio 1945, non sarebbe più tornato. Si salvò invece Eugenio che, rientrato in Italia (era sfuggito alla strage di prigionieri che le SS perpetrarono nel lager di Dachau mentre stavano arrivando gli Alleati) si diede all’avvocatura come penalista e, con particolare passione, all’attività politica nelle file democratiche. Per anni fu membro del Direttivo provinciale del PSI, consigliere comunale di Bergamo, presidente della locale Società di Mutuo Soccorso e, soprattutto, promotore e attivissimo presidente del Comitato antifascista bergamasco. Ai funerali dell’avvocato Bruni, tenutisi con rito civile, ha partecipato una folla commossa di bergamaschi, che si sono stretti partecipi attorno al figlio Roberto (già sindaco di Bergamo), alle due figlie e agli altri familiari.