Rocco Caraviello
Giovane antifascista (fu segretario per la Campania della Federazione giovanile comunista), durante la dittatura Caraviello fu più volte arrestato. Tornato a casa dopo il servizio militare, collaborò con altri militanti napoletani alla redazione di un giornale clandestino: fu arrestato e deferito al Tribunale speciale, del quale rimase a disposizione per diversi mesi: non fu condannato perché non erano state raccolte prove sufficienti contro di lui. La sua accanita opposizione al fascismo gli precluse ogni possibilità di lavoro in Campania e lo obbligò a una vita misera e stentata. Da Napoli, con la famiglia (aveva quattro figli), nel 1936 si trasferì a Firenze, dove sperava di trovare maggior sicurezza e possibilità di lavoro. In Toscana, dove non aveva conoscenze ed amicizie, si industriò soprattutto ad allacciare relazioni con operai e, di nuovo, ad organizzare gruppi di compagni. Quando cominciò a delinearsi la caduta del fascismo, Caraviello si dedicò interamente a compiti di organizzazione, di propaganda e di agitazione; il 25 luglio 1943 vide l'operaio napoletano, alla testa di circa tremila dimostranti, percorrere il centro di Firenze inneggiando all'Italia e alla riconquistata libertà. Dopo l'armistizio, con l'occupazione tedesca della città, Caraviello dovette ritornare nell'illegalità e preparare, in base alle direttive del suo partito, la lotta armata contro i nazifascisti. Quando furono costituiti i primi G.A.P., alla cui organizzazione si era particolarmente impegnato, l'operaio comunista si distinse per audacia in numerose azioni. Nel giugno del 1944, Rocco Caraviello, caduto nelle mani delle S.S. italiane, fu barbaramente ucciso assieme alla moglie e a un cugino. A Serpiolle (FI) gli è stato eretto un monumento. Il nome del valoroso operaio napoletano compare anche sulla lapide dei partigiani caduti del Comune di Firenze, nel Sacrario dei partigiani fiorentini a Rifredi e nel Sacrario di Campo di Marte.