Luigi Castellani
Si era iscritto giovanissimo alla Scuola d'arte del Comune di Roma ed era stato allievo di Attilio Giuliani, uno dei maestri dell'incisione italiana. Assunto come fattorino al ministero dell'Interno, divenne poi "usciere capo" del Gabinetto del ministro. Di idee socialiste, Castellani, avendo saputo in anticipo dell'emanazione delle leggi razziali, avvertì i conoscenti ebrei. Salvò anche un gruppo di antifascisti italiani a Parigi, segnalando che tra di loro c'era una spia del regime. Incisore di qualità, Castellani eccelleva nel campo della xilografia. Alcune sue opere furono infatti esposte alle "Biennali" di Milano e Venezia. Dopo l'8 settembre del '43 l'impiegato-artista entrò nella Brigata Matteotti, agendo come "infiltrato" al Viminale; riuscì così ad aiutare molti ricercati politici, che poterono sottrarsi alla caccia della polizia. Il 4 aprile del '44, mentre cercava di trovare un rifugio per il cognato Luigi Ceci, attivo antifascista, fu arrestato dai tedeschi e rinchiuso a Regina Coeli nel braccio del carcere riservato ai politici. Ci restò sino al 23 maggio, poi fu trasferito in via Tasso. Nella notte del 3 giugno, insieme a tredici compagni (tra cui Bruno Buozzi), fu costretto a salire su un camion delle SS che abbandonavano la Capitale per l'avanzata degli Alleati. Il giorno successivo Castellani, Buozzi e i loro compagni furono fucilati dai tedeschi in un vallone presso la tenuta La Storta.