Claudio Cianca
Attivo antifascista, Claudio Cianca, con il padre Renato e con Leonardo Bucciglioni, la domenica del 25 giugno 1933 aveva fatto esplodere una bomba ad orologeria, progettata perché non arrecasse danni, nel pronao della basilica di San Pietro in Roma. Il gesto era rivolto contro la politica del Vaticano, accusato dalla "Concentrazione antifascista" di favorire il regime fascista ed avrebbe dovuto dimostrare alle migliaia di pellegrini convenuti a Roma per l'Anno Santo, come il regime fosse odiato e attivamente combattuto in Italia dai movimenti d'opposizione popolare. Per quel gesto Claudio Cianca, suo padre e Bucciglioni furono arrestati la notte del 9 ottobre del 1933 e sei mesi dopo processati dal Tribunale speciale. Il giovane fu condannato a 17 anni di reclusione; agli altri due imputati furono inflitti 30 anni. Liberato alla caduta del fascismo, Claudio Cianca partecipò alla Guerra di liberazione dirigendo nel Lazio formazioni partigiane, prima in quelle del movimento di "Giustizia e Libertà" e poi in quelle garibaldine. Nel corso della lotta armata aderì al Partito comunista che poi, nel 1953, lo candidò alla Camera dei deputati, della quale fece parte per più legislature. Cianca, che è anche stato segretario della Camera del lavoro di Roma e provincia e che ha diretto, negli anni della ricostruzione, i lavoratori edili romani, è ancor oggi membro della presidenza dell'Anppia, l'Associazione nazionale Perseguitati Politici Italiani Antifascisti. In un libro curato da Giuseppe Sircana e in un DVD pubblicati, sul finire del 2009, dalla Ediesse col titolo Il mio viaggio fortunoso, Claudio Cianca, quasi centenario, ripercorre con grande lucidità le esperienze di anni molto, molto difficili.