Renato Cianca
Antifascista, nel 1934 fu condannato a 30 anni di reclusione dal Tribunale speciale per aver fatto esplodere, l'anno prima a Roma, una bomba dimostrativa all'ingresso della basilica di San Pietro. Per il figlio Claudio, allora ventenne, che aveva costruito l'ordigno e l'aveva fatto materialmente esplodere, i giudici limitarono la condanna a 17 anni di carcere. Durante la detenzione Renato Cianca aderì al Partito comunista e, quando dopo la caduta di Mussolini fu liberato, riprese l'attività clandestina ed entrò nella Resistenza romana, come responsabile di un Settore militare della Capitale. Dopo la Liberazione, Cianca è stato commissario all'Istituto zootecnico sperimentale e segretario nazionale del Comitato di solidarietà democratica. Per anni è stato anche il segretario dell'ANPI di Roma.