Pietro Augusto Dacomo
Di famiglia contadina, era diventato insegnante. Chiamato alle armi, aveva frequentato la scuola militare d'alpinismo di Aosta ed era poi stato mandato, come sottotenente di complemento, al 2° Battaglione del 104° Reggimento alpini della "Cuneense", dislocato in Jugoslavia. Dacomo era in licenza di convalescenza presso i suoi quando sopravvenne l'armistizio; il giovane non ebbe incertezze: sùbito organizzò una banda partigiana con i ragazzi del suo paese e un paio di mesi dopo raggiunse le formazioni autonome che combattevano contro i nazifascisti nelle Langhe, distinguendosi per il suo coraggio. Nel marzo del 1944, nel corso di un massiccio rastrellamento organizzato dai tedeschi in Val Casotto, Dacomo affrontò il nemico con gran determinazione. Catturato con le armi in pugno, il giovane fu rinchiuso per oltre un mese in una cella sotterranea e selvaggiamente torturato, prima di essere fucilato insieme a tre giovani ufficiali, suoi compagni di prigionia: Domenico Quaranta, Ettore Ruocco e Innocenzo Contini. Sui muri della segreta in cui era stato ristretto, Dacomo scrisse col sangue l'incipit del "Pater noster" e la frase "Nella vita si giura una sola volta".