Paolo Davoli
Con il nome di Sertorio, fu tra i primi organizzatori della Resistenza nel Reggiano. Non a caso: Davoli, operaio comunista, durante il ventennio era stato più volte deferito al Tribunale Speciale e l'armistizio segnava il tempo del riscatto. Per la sua preparazione e per la sua serietà, il CLN di Reggio aveva incaricato Paolo Davoli dell'intendenza del Comando Piazza e quando, il 30 novembre del 1944, "Sertorio" ed altri membri del Comitato di Liberazione caddero nelle mani della polizia, su di lui i fascisti infierirono nel modo più bestiale allo scopo di ottenere informazioni. Testimoni hanno raccontato che, per farlo parlare, i brigatisti neri (che utilizzavano come carcere una villetta in via dei Servi), avevano fatto sedere Davoli su un fornello elettrico acceso. Non essendo servita questa tortura, all'operaio antifascista furono inflitte centoventi nerbate. Neppure quelle bastarono e Davoli fu straziato con un ferro rovente. Temendo di non resistere più, Davoli si buttò da una finestra per suicidarsi. Si ruppe soltanto una gamba. Riportato nella stanza dell'interrogatorio, il ferito fu lasciato per 48 ore senza cure. Poi i fascisti lo trasportarono alla caserma della "Muti", dove un medico "lo curò" amputandogli l'arto ferito. Riportato in via dei Servi, "Sertorio" continuò ad essere torturato sino a che, tre mesi dopo la cattura, i brigatisti neri decisero di eliminarlo. Il corpo martoriato dell'operaio comunista fu trovato in un mucchio di cadaveri presso il cimitero di Cadelbosco. I fascisti avevano fucilato, con "Sertorio", altri nove patrioti: Medardo Pagliani e Fermo Pedrazzoli, di Correggio; Andrea e Salvatore Garilli, Tito Di Parma, Luigi Rigolli e Amedeo Rossi, di Piacenza; Erio Benassi e Ferruccio Ferrari, di Reggio Emilia.