Edmondo Di Pillo
Direttore commerciale della Società Bombrini Parodi Delfino, sino all'8 settembre 1943 non si era mai occupato di politica. È con l'armistizio che, l'allora tenente di complemento di fanteria, decide di opporsi in ogni modo all'occupazione tedesca e di votarsi totalmente alla Resistenza e alla lotta di Liberazione. Lo fa stabilendo contatti con ufficiali della V Armata americana, organizzando il trasporto sulla costa del Tirreno di agenti segreti e di radiotelegrafisti, dirigendo azioni di sabotaggio nei dintorni di Roma. Alla vigilia dello sbarco alleato ad Anzio, Di Pillo riesce ad evitare che i tedeschi distruggano importanti impianti idroelettrici. Passato in clandestinità, nel maggio del 1944 decide di tornare temporaneamente nella sua casa di Roma per riprendere i collegamenti con gli uomini della Resistenza, in vista dell'arrivo nella Capitale delle truppe alleate; ma nel giro di ventiquattro ore Di Pillo è stato individuato ed arrestato. Tradotto con la moglie nella sede famigerata del Comando tedesco di via Tasso, il prigioniero fu sottoposto a durissimi interrogatori. Riportato in cella dopo un'assenza di ore, Di Pillo apparve ai suoi compagni irriconoscibile per le torture subite. Ciononostante, con la bocca sanguinante, riuscì a mormorare: "Io non ho parlato, ragazzi. Coraggio, a voi ora!". Tre giorni prima che gli Alleati, con l'aiuto dei partigiani, liberassero Roma, i tedeschi di via Tasso decisero di fuggire al Nord. Su un camion caricarono Di Pillo ed altri dodici tra patrioti ed ostaggi che erano nelle loro mani; ma il viaggio dei prigionieri non durò a lungo: a pochi chilometri dalla Capitale, a La Storta, i tredici furono fatti scendere dal camion e barbaramente trucidati.