Giovanni Ferrero
Cresciuto in una numerosa famiglia contadina di Lequio (il padre Giuseppe e la madre, Paola Ravera, avevano altri due figli e due figlie), era rimasto a lavorare la terra con i suoi sino a che, chiamato alle armi, si era ritrovato autiere all'Autocentro di Alessandria. Dopo l'8 settembre 1943, era stato tra i primi a prendere parte alla Resistenza, nella zona dove era nato e cresciuto. Formalmente inquadrato nella "Mauri" della I Divisione Langhe, il giovane contadino è stato uno dei partigiani di "Lulù" (quel Louis Chabas ricordato come "la Primula rossa della Langhe"). Giovanni Ferrero operava nella zona tra Lequio, Bene Vagienna, Farigliano e la frazione di Viaiano. Sorpreso proprio in questa località, con altri compagni, da un distaccamento fascista, il ragazzo fu gravemente ferito da una raffica di mitraglia. Con un braccio devastato, tentò di attraversare il fiume Tanaro, ma cadde dissanguato presso la riva. Il suo cadavere, che per disposizione dei fascisti non doveva essere rimosso, fu invece raccolto coraggiosamente da una delle sorelle, Lucia, e trasportato su un carretto al cimitero. Il nome di Giovanni Ferrero, come quello dei compagni caduti nella zona, è ricordato nel Sacrario di Bastia Mondovì (Cuneo).