Raffaello Giolli
Fondatore della prima rivista italiana d'arte contemporanea (1927, che divenne poi Poligono), fu negli anni Trenta del secolo scorso protagonista del rinnovamento culturale delle arti figurative italiane. Per aver rifiutato il giuramento fascista, Giolli fu allontanato dalle scuole di Stato e dovette rinunciare all'insegnamento di storia dell'arte nei licei del Regno. Trasferitosi in Abruzzo, il professore subì, nel luglio del 1940, un primo arresto da parte della polizia, che lo internò, per le sue idee antifasciste, nel campo di concentramento di Istonio Marina insieme al figlio diciannovenne Paolo. Con la caduta del fascismo Raffaello Giolli tornò con la famiglia a Milano, dove cercò di formare un gruppo clandestino antifascista composto prevalentemente da artisti. Con l'armistizio e l'inizio della Resistenza, Giolli intensificò ancor più il suo impegno: entrò in contatto, con il nome di Giusto, con il movimento partigiano dell'Ossola, mantenne stretti contatti con la formazione di Filippo Beltrami, collaborò sistematicamente, pur senza aderire a nessun partito, all'Avanti!e ad altri fogli clandestini. Nella notte del 14 settembre 1944, i militi della famigerata "Muti" entrarono nella sua casa ed arrestarono il professore, la moglie e uno dei figli (Federico, allora quattordicenne). Nella caserma della "Muti", Giolli fu torturato perché dicesse i nomi dei suoi compagni. Resistette anche quando i fascisti lo minacciarono di farlo assistere allo stesso trattamento, che avevano riservato a moglie e figlio. Anzi: durante un secondo interrogatorio, il professore cercò vanamente di sottrarsi ai suoi aguzzini, riportando la frattura di due costole e una lesione alla spina dorsale. Anche al Comando tedesco, al quale i fascisti passarono il prigioniero con la moglie, non riuscirono a far parlare Giolli. Tradotto con la sua compagna, poi rilasciata, a San Vittore, il professore vi rimase per breve tempo. Non seppe mai che nel frattempo un altro suo figlio, Ferdinando, partigiano garibaldino in Valle d'Aosta, era stato fucilato dai nazifascisti a Villeneuve e che Paolo, prigioniero dei tedeschi, era riuscito ad evadere. Deportato a Gusen, Raffaello Giolli non sopravvisse. Delle opere del professore ricordiamo qui almeno La disfatta dell'Ottocento, edito da Einaudi nel 1961.