Placido Martini
Era stato garibaldino a Domokos (Grecia) ed era partito volontario durante la Prima guerra mondiale, combattendo nel Corpo di spedizione italiano in Francia. Sotto la dittatura di Mussolini, alla quale si opponeva da posizioni massoniche, fu preso di mira dalla polizia e finì per essere confinato a Ponza e, dopo il 1940, a Manfredonia e all'Aquila. Tornato a Roma durante i quarantacinque giorni del Governo Badoglio, Martini fondò l'Unione nazionale della democrazia italiana, di tendenza liberale, il cui organo di stampa fu l'Unione nazionale. Dopo l'armistizio, l'avvocato Martini divenne capo delegato della Massoneria italiana di Palazzo Giustiniani e di quella scozzese di rito antico. Durante l'occupazione tedesca militò nelle file della Resistenza romana sino a che, il 22 gennaio 1944, fini nelle mani delle SS in seguito a delazione. Torturato per settimane nella prigione di via Tasso, Placido Martini fu uno dei fucilati dai tedeschi alle Fosse Ardeatine. La massima decorazione alla memoria di Martini recita: "Intrepido ed infaticabile combattente nella lotta armata contro gli oppressori nazifascistì, esponente del fronte clandestino romano, fu di esempio costante ed eroico ai suoi uomini. Ricercato dal nemico, arrestato, seviziato, andò impavido verso la morte con la visione di quella grande Patria libera che fu il sogno di tutta la sua vita".