Gino Mattiussi
Nel 1927 la sua famiglia era emigrata in Francia. Tornato in Italia nel 1939, Gino Mattiussi aveva trovato lavoro presso le Ferrovie dello Stato. Chiamato alle armi nell'aprile del 1943, il giovane fu arruolato in Aeronautica, ma dopo l'armistizio entrò nella Resistenza triestina come partigiano combattente. Dal 2 giugno 1944, Mattiussi fu tra i membri del Comando della Brigata Ferrovieri della Divisione partigiana "D. Rossetti". Partecipò a numerose azioni, le più importanti delle quali sono ricordate nella motivazione della Medaglia d'Oro al Valor Militare che dice: «Dopo l'armistizio, animato da vivo entusiasmo per la lotta di Liberazione e la sicura fedeltà per la Patria italiana, combatteva nelle file partigiane della Venezia Giulia, molto e ripetutamente distinguendosi in ardite azioni di guerriglia e di sabotaggio. Coronava la propria attività partecipando attivamente, insieme ad un reparto della "Garibaldi Trieste", all'interruzione del ponte di Sablici, impresa audacissima e di grande rilievo bellico. Tratto in arresto dai tedeschi e sottoposto ad atroci torture, nulla rivelava. Deportato a Buchenwald, rientrava in Patria dopo la Liberazione, quasi cieco per i maltrattamenti subiti, ma dopo aver dato, con il suo contegno, nobile esempio di fierezza e di dignità di italiano». Riconosciuto grande invalido di guerra, Mattiussi prese dimora a Trieste.