Michele Moretti
In gioventù era stato un giocatore di calcio piuttosto noto. Dopo l'8 settembre 1943, Moretti era entrato nelle file della Resistenza e fu lui, che aveva aderito al Partito comunista clandestino, tra i principali organizzatori degli scioperi del 1944 nel Comasco. Proprio per questo fu arrestato. Doveva essere deportato in Germania, ma riuscito a fuggire, raggiunse le formazioni partigiane. Nominato commissario politico della 52a Brigata Garibaldi, nei giorni della Liberazione Moretti condusse le trattative con i comandanti tedeschi in fuga. Queste si conclusero a Dongo con la cattura di Benito Mussolini e dei gerarchi fascisti al suo seguito. "Pietro Gatti", questo il nome di Moretti durante la Resistenza, custodì Mussolini trasferendolo in sedi sicure e consegnandolo infine agli inviati del Comando generale del CVL, incaricati dell'esecuzione del capo del fascismo. "Gatti" svolse così un ruolo determinante nell'impedire che Mussolini sfuggisse alla giustizia popolare. Dopo la Liberazione, schivo di ogni riconoscimento, tornò a fare l'operaio in fabbrica e, quando, era il 1954, come sindacalista si mise alla testa delle lotte operaie nello stabilimento "A. Pessina" di Como, fu licenziato dall'azienda. Che Michele Moretti abbia fatto parte del gruppo che il 28 aprile 1945 giustiziò Mussolini è stato scritto da molti storici. In molte ricostruzioni romanzate del dramma di Giulino di Mezzegra, dove avvenne l'esecuzione, si sostiene che l'arma che finì il duce fosse proprio di Pietro Gatti. Giorgio Cavalleri, che ha scritto un libro sulla vicenda, sostiene che alla domanda se fosse stato lui a sparare a Mussolini, Moretti, a conclusione di una lunga intervista, abbia risposto: "E se anche fossi stato io, per te cambierebbe qualcosa?".