Enzo Santarelli
Poco prima della seconda guerra mondiale, Santarelli aveva cominciato a collaborare con la stampa fascista dell'epoca, condividendo, come tanti della sua generazione, le illusioni del "fascismo di sinistra". Già nel 1942 aveva cominciato ad avvicinarsi a posizioni antifasciste e l'8 settembre del 1943, quando fu sorpreso dall'armistizio a Foggia, dove prestava servizio militare, tentò con il suo reparto di opporsi ai tedeschi nella zona di Petrulli. Sbandatosi il suo gruppo, Santarelli raggiunse Salerno per arruolarsi nei "Gruppi Combattenti Italia". Fallita questa iniziativa, il giovane entrò come volontario nel 1° Raggruppamento motorizzato che, ai primi di dicembre del 1943, si distinse nella battaglia di Mignano di Montelungo (Caserta), la prima combattuta dal ricostituendo Esercito italiano a fianco della 36a Divisione americana del II Corpo d'armata del generale Keyes. Dopo la Liberazione, Santarelli entrò a far parte del CLN di Ancona in rappresentanza del Partito liberale, dal quale uscì nel 1946 con la sinistra repubblicana. Il 1948 lo vede candidato alle elezioni per il Fronte popolare. Diventa poi segretario della Federazione comunista di Ancona e deputato per due legislature. Dal 1963 al 1968 dirige la rivista Comune democraticoe negli stessi anni è segretario della Lega dei Comuni. Diventa anche redattore della Rivista storica del socialismoe, intanto, approfondisce gli studi sul fascismo. Nel 1966 pubblica presso gli Editori Riuniti due volumi di Storia del movimento e del regime fascista,che seguono a saggi sul Socialismo anarchico in Italia, sulla storia della Marche e sul marxismo in Italia. Quando assume la cattedra di Storia contemporanea all'Università di Urbino, Santarelli si impegna ancor più nella ricerca e nel 1982 esce una Storia sociale del mondo contemporaneo,rilevante per l'acutezza dell'analisi sui popoli e le culture extraeuropee. È della metà degli anni novanta Storia critica dell'Italia repubblicana.Questo libro, edito da Feltrinelli, si conclude proprio con l'analisi delle elezioni del 1994, vinte da Berlusconi, che inducono lo studioso a rilevare, tra l'altro, che "nelle brecce aperte dal <crollo del comunismo>, negli spazi che ne erano derivati, si stavano insediando non tanto le idee e le forze democratico-liberali, quanto posizioni e spinte di centro-destra larvatamente e tendenzialmente eversive".