Cesare Sessa
Per otto anni, a partire dal 1913, aveva diretto i socialisti del suo paese avendo alle spalle l’esperienza delle associazioni contadine che aveva contribuito a far nascere nell’Agrigentino. Già nel 1915, per la decisione con cui si era battuto contro l’entrata in guerra dell’Italia, l’avvocato Sessa (si era laureato in Legge nel 1910, ma non aveva mai esercitato la professione), era stato condannato a lasciare la Sicilia per essere confinato a Ivrea.
Nel 1921, dopo la scissione di Livorno, Sessa aderì al Partito comunista e, durante tutti gli anni del regime fascista svolse attività politica clandestina. Dopo l’armistizio prese parte alla Resistenza nel Continente dopo di che, tornato in Sicilia, fu eletto sindaco di Raffadali, incarico nel quale subentrò poi Salvatore Di Benedetto.
Nel dopoguerra l’impegno politico di Cesare Sessa si sviluppò in Sicilia (presidente della Provincia di Agrigento, membro della Consulta regionale, deputato regionale), sino a che non fu eletto senatore nelle liste del Fronte Democratico Popolare. Nel 1953, quando il PCI gli ripropose la candidatura, Sessa (che aveva dato un fondamentale contributo di giurista alla messa a punto di quello che sarebbe poi diventato lo Statuto regionale approvato dall’Assemblea Costituente), ormai malato, la rifiutò.