La Napoli che, tra la fine di settembre e l'inizio di ottobre del 1943, divenne la prima città d'Europa a essersi liberata da sola dai nazifascisti, era una città completamente trasformata e quasi interamente devastata dal secondo conflitto mondiale. Principale porto d'imbarco per le truppe e i materiali destinati ai fronti africani, Napoli era stata sottoposta, tra 1940 e 1943, a decine e decine di bombardamenti; la città, ridotta in macerie e alla fame, costretta a vivere perlopiù nei ricoveri, percepì chiaramente l'incapacità del regime, al di là della propaganda, di proteggere la popolazione, finendo con l'allentare progressivamente il consenso, pur precedentemente dimostrato, al fascismo. Il distacco dal regime e dalla sua guerra si fece più evidente dopo l'esautorazione di Mussolini, nei quarantacinque giorni che, tra il 25 luglio e l'8 settembre 1943, non diedero comunque tregua alla città, sottoposta alle devastanti incursioni dell'agosto e alla repressione governativa delle prime, embrionali, forme di organizzazione antifascista o di protesta popolare.
Passata alla storia come “le Quattro Giornate di Napoli”, la resistenza cittadina si sviluppò, in realtà, lungo tutto il mese di settembre del 1943, mescolando momenti insurrezionali e modalità di lotta: dai primi atti di reazione di reparti militari nella prima metà del mese, si passò alla forma della resistenza civile e collettiva, concretizzatasi nell'aiuto e nella protezione agli uomini che i tedeschi volevano deportare. Erano gli uomini che non avevano risposto al bando di reclutamento, dando vita a una forma di disubbidienza di massa che può a ragione essere inserita nelle modalità di resistenza che caratterizzarono il Mezzogiorno e l'Italia in quel periodo. I massicci rastrellamenti che i tedeschi tentarono di operare dal 26 settembre, diedero il via all'insurrezione collettiva della popolazione; un'insurrezione che si mosse con i sistemi della guerriglia urbana, che vide la partecipazione di uomini e donne, civili e militari, giovani ma soprattutto adulti, di ogni ceto sociale, in ogni quartiere, centrale e periferico, della città. In breve – sono quelli della brevità, i tempi della resistenza meridionale, ma questo, oltre che un dato di fatto, è probabilmente un merito – si organizzò un comando insurrezionale che ebbe varie ramificazioni e funse, anche, da coordinamento politico della lotta. Quattro giorni servirono alla popolazione di Napoli per mandar via dal proprio territorio nazisti tedeschi e fascisti italiani, e consegnare agli Alleati, il 1° ottobre 1943, una città libera.
Considerate da sempre momento aurorale della lotta di Liberazione nazionale, le Quattro Giornate di Napoli sono in realtà anche un punto di arrivo, poiché comprendono, nei loro vari aspetti, nel loro collocarsi geografico – la Campania è vertice settentrionale del Mezzogiorno – e temporale – la fine del settembre più intenso della storia dell'Italia unita – tutte le tipologie di reazione, rivolta, insurrezione e in sintesi resistenza, che hanno caratterizzato la liberazione del Sud e dell'Italia intera. Una liberazione della quale, quindi, le popolazioni meridionali non si limitarono a godere, ma che esse, anzi, accompagnarono e agirono da protagoniste.