L’isola e le rose
di Walter Veltroni, Rizzoli, 2012, pp.324, euro 5,90
È il romanzo di una utopia contrastata dal potere e di un sogno che valeva la pena vivere. Giacomo fa l’avvocato, Lorenzo è il figlio del proprietario del Grand Hotel, Simone era il genio della classe ed è diventato un inquieto ingegnere e infine Giulio: quattro ragazzi di Rimini uniti da un’amicizia nata sui banchi di scuola e destinata a superare qualunque contrasto.
Quando Giulio ha un’idea folle – costruire una piattaforma appena oltre il limite delle acque territoriali, dove accogliere una comunità di artisti, poeti, musicisti, amanti della bellezza – tutti si danno da fare per realizzarla: anche Elisa, secchiona con lo chignon nero, insieme a Laura, giovane giornalista conquistata dal progetto, e a Luana, una barista. Siamo alla vigilia del 1968 e niente sembra impossibile.
Il romanzo di Veltroni prende le mosse da un episodio vero e dimenticato per raccontare la nascita, a undici chilometri dalla costa, di un’isola artificiale che richiama turisti da tutta Europa, l’idea di una micronazione indipendente, l’Isola delle Rose (anzi, Insulo de la Rozoj, visto che la lingua ufficiale è l’esperanto), e l’invenzione di una radio libera.
Walter Veltroni è stato direttore de “l’Unità”, vicepresidente del Consiglio nel governo di Romano Prodi, sindaco di Roma e candidato premier alle elezioni politiche del 2008. Oltre ad alcuni libri sulla televisione e sul cinema, ha pubblicato: “Il sogno spezzato. Le idee di Robert Kennedy” (1993), “La bella politica” (1995), “Senza Patricio” (2004), “La scoperta dell’alba” (2006) e “Noi” (2009).