Dalla guerra alla Costituzione europea
Eugenio Colorni 1944-2004.
a cura di Maria Pia Bumbaca, 2004.
In questo volumetto sono raccolti gli atti dell’incontro-dibattito, svoltosi a Roma il 18 maggio 2004, per ricordare i sessant’anni della scomparsa di Eugenio Colorni (1909-1944), filosofo e combattente per la libertà, colpito a morte in un agguato tesogli da fascisti, mentre si recava in una riunione clandestina, in uno dei quartieri periferici romani.
Eugenio Colorni, figura di spicco dell’antifascismo e della Resistenza italiana, Medaglia d’oro alla memoria, studioso di Leibnitz e Croce, oltre che cultore di scienze fisiche e matematiche. Iniziò l’attività politica frequentando i gruppi antifascisti di Milano e di Torino. Con Ernesto Rossi e con Altiero Spinelli, fu uno dei redattori del “Manifesto di Ventotene. Per una Europa libera e unita”.
Nel 1938 era stato arrestato e condannato a cinque mesi di reclusione per ricostituzione del Partito socialista. Fu confinato a Ventotene e a Melfi, da dove fuggì il 6 maggio 1943. Come membro cofondatore con Leo Solari e Mario Zagari, della prima brigata Matteotti, aveva la responsabilità di ispettore delle squadre d’azione cittadine, partecipando personalmente a diverse azioni. Fu anche, in quel periodo, redattore-capo dell’Avanti!.
Tra i vari interventi a ricordo, riportati in queste pagine, quello di Leo Solari ha messo in rilievo come, evaso da Melfi, Colorni curò la prima edizione del “Manifesto di Ventotene”, di cui scrisse l’introduzione, e la pubblicazione del foglio “L’Unità Europea” (i primi numeri uscirono a Roma). Colorni ebbe anche – ha ricordato Solari – un ruolo di primo piano nella riunione di europeisti che si svolse a Milano il 26 e 27 agosto 1943; riunione che fu poi considerata l’atto di fondazione del Movimento Federalista Europeo (MFE), nella quale prevalse la tesi (fortemente sostenuta proprio da Colorni) di dar vita non a un partito ma un movimento politico che operasse trasversalmente. La sua azione, però, non rimase circoscritta al proselitismo della causa europeista. Il 26 luglio 1943, il giorno dopo che era stato rovesciato il governo di Mussolini, lanciò un manifesto firmato da lui e da altri due federalisti, diffuso in migliaia di esemplari, contenente un appello alla lotta di Liberazione in Italia.
Il ricordo di Giuliano Vassalli è quello di “Angelo” (il nome di Colorni nella Resistenza), un fortissimo combattente, un pensatore, un uomo che ha dato l’apporto della sua scelta profonda, dei suoi studi analitici, della sua passione per le idee politiche che erano già fermentate nel movimento federalista a Ventotene e poi nella nascita della resistenza socialista a Roma. E di questa resistenza – ha sottolineato Vassalli – fu partecipe.
La prima stesura (1941) circolò in segreto e nell’agosto dello stesso anno fu seguita da una seconda con alcune modifiche. Il “Manifesto” fu diffuso all’interno della Resistenza italiana da Ursula Hirschmann (militante antifascista tedesca) e da Ada Rossi (moglie di Rossi), dal momento che esse non erano confinate ed erano libere di viaggiare (due sorelle di Spinelli, Gigliola e Fiorella, aiutarono a mantenere i contatti tra gli attivisti confinati a Ventotene e gli altri sul continente). Entrambe le stesure (manoscritte da Rossi su carta da sigarette) e le copie dattiloscritte e ciclostilate ricavatene sono perdute. Alcuni studiosi hanno rilevato che gli esatti contributi di Spinelli, di Rossi e di Colorni al “Manifesto”, e la sua diffusione clandestina, sono ancora da definire.