L’Agnese va a morire
di Renata Viganò
Un libro scritto per “non dimenticare che cosa è stata la Resistenza” (la prima edizione di questo classico è del 1949). Un documento di una straordinaria umanità dove la donna, non meno dell’uomo combattente, impressiona per la sua moralità e la sua generosa audacia. Ha scritto Sebastiano Vassalli: “Si ha la sensazione, leggendo, che le Valli di Comacchio, la Romagna, la guerra lontana degli eserciti a poco a poco si riempiano della presenza sempre più grande, titanica di questa donna. Come se tedeschi e alleati fossero presenze sfocate di un dramma fuori del tempo e tutto si compisse invece all’interno di Agnese, come se lei sola potesse sobbarcarsi il peso, anzi la fatica della guerra”.
In appendice una testimonianza dell’Autrice sulla protagonista del romanzo: “Mai che l’Agnese mi volesse dare del tu: sempre Signora, anche quando si litigava. Diverse volte abbiamo litigato per le cose del servizio, che io interpretavo in un modo e lei in un altro. Riconosceva solo l’autorità del comandante, prendeva gli ordini alla lettera non teneva mai conto degli imprevisti, che in periodo clandestino erano tanti. E quando il comandante la sgridava piangeva, ma piangeva anche se sgridava me, dando nello stesso tempo ragione a lei. Un pianto breve, rade lacrime subito secche sulla faccia in fuoco e per molte ore dopo sembrava arrabbiata ed era triste e proprio su una parola semplice e triste facevamo pace. Così era il clima di allora nella vita partigiana, antiretorico, antidrammatico, casalingo e domestico anche se eravamo alla macchia e la morte girava lì intorno, si nascondeva nello scialle dell’Agnese, negli scarponi dei barcaioli o nei capelli del mio bambino”.
Renata Viganò nacque a Bologna nel 1900 da una famiglia borghese. Per aiutare i congiunti, dovette interrompere gli studi e lavorare come infermiera negli ospedali. Durante la guerra prese parte attiva alla lotta clandestina e seguì col figlio il marito, comandante di formazioni garibaldine. Dirigente del servizio sanitario di una brigata operante nelle Valli di Comacchio, è riconosciuta partigiana col grado di tenente.
L’esperienza della lotta partigiana, determinante nella sua vita, è al centro de “L’Agnese va a morire”, che vinse il Premio Viareggio 1949 e venne successivamente tradotto in tredici paesi. Dal libro è stato realizzato l’omonimo film di Giuliano Montaldo con Ingrid Thulin.
È scomparsa a Bologna nel 1976.