La Chiesa, i cattolici e la Resistenza
a cura di Luigi Fiorani, Edizioni di Storia e Letteratura, 2009, pp.523, euro 65,00
Diciannove autori e autrici di diverso orientamento culturale pubblicano testimonianze e risultati di ricerche su una vasta mole di documenti consultati in archivi statali,comunali, ecclesiastici e di partiti politici.
Le vicende di parrocchie di periferia e di quartieri borghesi, di grandi e di piccoli istituti religiosi, di uffici ecclesiastici, si intrecciano a Roma con i drammi della popolazione: tra paure e angosce, tra repressioni e persecuzioni, tra deportazioni ed esecuzioni, tra resistenza armata e concrete forme di solidarietà. Una periferia, soprattutto, che pagando tributi di sangue combatte dalla Magliana alla Montagnola, a Porta San Paolo, lungo le vie Prenestina e Casilina, ai lembi della “Città aperta”.
In questa storia - che è religiosa e speciale al tempo stesso – emergono le figure dei “parroci della Resistenza”. Tra i nomi messi in rilievo, in uno dei saggi, è dato risalto al parroco di Gesù Buon Pastore: il paolino don Pierluigi Occelli (1903-1994), più conosciuto come don Pietro. Fu lui a partecipare a una delle prime azioni di Resistenza all’occupazione tedesca, subito dopo l’8 settembre del ’43; fu lui a formare il primo gruppo partigiano cristiano (circa un centinaio di componenti). Il 9 settembre, con un nucleo di democratici e di antifascisti, con i granatieri e altri militari si batté a Porta San Paolo contro l’occupante tedesco (anche per questo, venne poi insignito della medaglia d’argento al valor militare).E nella parrocchia del Buon Pastore trovarono salvezza perseguitati politici ed ebrei.
Insieme a don Occelli, nel saggio sono ricordati: don Fiorello Piersanti vice-parroco dei Santi Angeli Custodi a Montesacro, il guanelliano don Luigi Manazza (parroco a Valle Aurelia), don Ferdinando Volpino (parroco a Donna Olimpia).
Padre Fiorello Piersanti, a Montesacro, aprì le porte della parrocchia per accogliere giovani legati al Partito d’Azione, in contatto con alcuni ebrei. Mentre don Luigi Manazza, a Valle Aurelia, con i suoi parrocchiani e un gruppo di residenti trasformò alcune fornaci spente della zona in rifugio per antifascisti ed ebrei, indirizzando i perseguitati “per la razza” alla Casa Don Guanella presso Sondrio, un posto dal quale con relativa facilità si poteva riparare in Svizzera.
Don Ferdinando Volpino è stato un esempio di particolare “resistenza”: a Donna Olimpia aprì la canonica a riunioni clandestine, ospitando una settantina di ebrei nello scantinato della chiesa, destinato anche a deposito di armi per le formazioni partigiane.
Tra tanti ricordi e storie, nelle oltre cinquecento pagine complessive dei saggi, raccolti in questo volume, è evidenziato che un aiuto importante che arrivava dalle parrocchie, oltre l’ospitalità o il sostegno economico, stava nella ricerca di espedienti per non applicare le leggi razziali.