Salta al contenuto principale

Gli ultimi giorni della classe operaia

di Aurélie Filippetti, Tropea Ed., 2004, pp.155, euro 12,00

L’Autrice di questo libro è l’attuale Ministro per la Cultura di Francia, nel governo presieduto da François Hollande.
Aurélie Filippetti è nipote di un immigrato italiano che arrivò da Gualdo Tadino (Umbria) per fare il minatore e morì poi in un campo di concentramento nazista.

Entrata in politica, nel 2007 è stata eletta all’Assemblea Nazionale per la circoscrizione della Mosella.
Il padre di Aurélie, Angelo, nato nel 1938 ad Audun-le-Tiche (gemellata con Gualdo Tadino), è stato minatore e sindaco della cittadina dal 1983 al 1992, anno della sua scomparsa. Il nonno Tommaso partecipò alla Resistenza; nel febbraio 1944 fu catturato, insieme ai suoi fratelli Mariano e Filippo, dalla Gestapo.

Deportati in diversi campi di concentramento, Tommaso e Mariano morirono a Bergen-Belsen e a Dora.
Alla fine di novembre 2012, a Gualdo Tadino, in memoria del nonno Tommaso, ad Aurélie Filippetti è stata consegnata la Medaglia d’Onore che riconosce il sacrificio di circa 800.000 militari e civili italiani deportati e internati nei territori del Terzo Reich e destinati al lavoro coatto (la Medaglia, istituita con la Legge n.296 del 27 dicembre 2006, può essere richiesta dai diretti interessati ancora in vita o dai congiunti in linea diretta).

Nell’occasione, anche un cugino e la zia del Ministro hanno ritirato le Medaglie per i due fratelli Mariano e Filippo.
Il libro della Filippetti è un commosso omaggio al padre, morto prematuramente. Il racconto ripercorre la vita di operaio emigrato, tra ricordi personali e storie di famiglia che rispecchiano la grande memoria collettiva degli immigrati italiani nelle miniere della Lorena.

Attraverso la figura del padre, l’Autrice ritrae una generazione di lavoratori segnati dall’esilio, dalla guerra, dalla recessione economica che sapevano, però, essere solidali tra loro.
All’uscita del libro, la critica più attenta ha sottolineato che Aurélie Filippetti non ha saldato solo un debito d’amore nei confronti della famiglia di minatori nella quale è nata, ma ha tracciato anche un profilo di ciò che il lavoro ha rappresentato, socialmente e culturalmente, nel secolo passato, per gli italiani emigrati nei paesi del nord Europa.

Mauro De Vincentiis