CasaPound, le Istituzioni e la realtà
Il 9 gennaio abbiamo tenuto, presso l'Istituto Alcide Cervi e d'intesa con la presidenza dell'Istituto stesso, un seminario sui modi e sulle iniziative da assumere per contrastare il diffondersi dei movimenti neofascisti. Un importante dibattito (sul quale mi sono già intrattenuto), imperniato principalmente su ciò che potrebbero (e dovrebbero) fare le Istituzioni statuali ed il sistema delle autonomie, per prevenire e combattere questi fenomeni. Il titolo del Seminario, era “Per uno Stato pienamente antifascista” e si riferiva alla necessità che lo Stato, come tale, entri finalmente, con reale convinzione in campo, per garantire che queste continue iniziative di riunioni di tipo fascista ed altre manifestazioni consimili non abbiano più a ripetersi, così come gli episodi di violenza e di razzismo che ad esso sono strutturalmente e frequentemente collegati.
Se avessimo avuto bisogno di una prova ulteriore di ciò su cui si dibatteva nel Seminario (che si è concluso con una serie di richieste e proposte concrete, che presto renderemo pubbliche, dopo averle presentate alle massime Autorità istituzionali), essa ci sarebbe stata fornita in pieno dalla pubblicazione recentissima di uno sconcertante documento della Polizia di prevenzione, a proposito di CasaPound. E non solo. Come è noto a molti, nel corso di un procedimento giudiziario, sono state chieste informazioni su CasaPound alla Polizia di prevenzione, che ha risposto ai quesiti posti dal Giudice in un modo davvero singolare, che si risolveva quasi in un'esaltazione del movimento, anziché in un'analisi serrata delle sue vere caratteristiche, che lo pongono spesso in contrasto con le linee portanti della nostra Costituzione. Alla fine - secondo la Polizia di prevenzione - si tratta di un'associazione pacifica, che organizza convegni e dibattiti culturali, si impegna nel sociale “alla tutela delle fasce più deboli”, conduce la lotta per il precariato e per la difesa dell'occupazione. Insomma, un gruppo di “bravi ragazzi”, tutt'altro che pericolosi, che non si sa se abbia connotati fascisti (di questo non si parla proprio nella relazione della Polizia) e che, al più, ha al suo interno qualche infiltrato nella tifoseria calcistica ultras e magari qualcuno impegnato in qualche azione violenta “anche fuori dagli stadi”. Questo quadro “idilliaco”, ha scandalizzato molti cittadini che semplicemente vivono e si accorgono di fatti ed eventi che con quel rapporto di polizia contrastano in modo assai netto. Sono in molti ad avere idee del tutto diverse su questa associazione, per averla incontrata in manifestazioni di schietto sapore razzista, per averla vista impegnata in iniziative tutt'altro che tranquillizzanti, che richiamavano alla mente non poche immagini del fascismo, per averla notata anche per atti di violenza, tutt'altro che ascrivibili a qualche isolato personaggio.
Per quanto ci riguarda, noi riceviamo – alla sede nazionale dell'ANPI – moltissime segnalazioni, da parte di Sezioni periferiche, di iniziative di tipo fascista targate CasaPound, di aggressioni a studenti, di manifestazioni tipicamente razziste. La più recente ed accorata segnalazione è di questi giorni e riguarda un'aggressione a studenti di un Liceo di Napoli da parte di militanti di Casa Pound; ma, ripeto, ce ne pervengono da tutta Italia. Logico, dunque, che in molti siano rimasti colpiti da un simile rapporto di polizia. Se ne è stupito anche qualche parlamentare, che ha interpellato, sul punto, il Ministro degli Interni; il quale ha risposto, ma in un modo veramente singolare e assolutamente deludente. Non esistono – secondo il Ministro Alfano – pronunce giudiziarie che abbiano accertato “nei riguardi di CasaPound, il concretizzarsi della fattispecie della riorganizzazione del disciolto partito fascista”. Naturalmente non abbiamo accesso a tutta la giurisprudenza, ma sappiamo per certo che il presupposto da cui parte il Ministro, non è quello corretto. È vero che c'è una disposizione transitoria della Costituzione che vieta la riorganizzazione, in qualsiasi forma, del disciolto partito fascista, ma la prova è “diabolica”, come dicono gli avvocati, perché nessuno dichiara di essere o voler essere un partito fascista ed anzi spesso ci si cela dietro tutt'altre apparenze. Ma è vero anche che ci sono leggi (per intendersi, la legge “Scelba” e la legge “Mancino”) che puniscono l'apologia del fascismo, l'istigazione al razzismo, l'organizzazione di iniziative che richiamino simboli ed atteggiamenti di tipo fascista.
Tutto questo sembra ignoto al Ministro dell'Interno, che pure ammette che nel quadriennio 2011-2015 ci sono stati 19 arresti di militanti o simpatizzanti di CasaPound, mentre 336 sono stati deferiti, a vario titolo, all'Autorità giudiziaria. Credo che si tratti di pochissimi casi rispetto alla quantità di segnalazioni ed esposti che abbiamo ricevuto e stiamo ricevendo da tutta Italia; comunque, basterebbero anche questi per rendere vacua l'immagine tranquillizzante e serena che la polizia e il Ministro vorrebbero trasmettere e per imporre – semmai ve ne fosse bisogno – qualche accertamento approfondito, anche al fine della prevenzione. Esistono anche i reati di “pericolo” e su questi vi è abbondante giurisprudenza. D'altronde la Corte di Cassazione ha considerato di “tipo fascista” anche le manifestazioni di razzismo; applicando questo criterio, ci vorrebbe ben poco per scendere dall'Olimpo di certi rapporti e di certe risposte ad interpellanze, e calarsi nella realtà di un Paese, che non tollera (giustamente) l'esibizione di simboli fascisti, il richiamo a forme, modi e simbologie che ricordano il tragico ventennio, i comportamenti vergognosamente razzisti, i casi in cui Casa Pound si è apertamente schierata, in luoghi pubblici, con gli esponenti della peggiore politica razzista del nostro Paese.
Ecco, dunque, che cosa intendiamo, quando auspichiamo uno Stato “pienamente” antifascista; uno Stato che non consenta manifestazioni contrarie allo spirito che pervade tutta la Costituzione, non accetti che si presentino liste elettorali di carattere marcatamente fascista, non permetta che la polizia risponda ai quesiti di un Magistrato in modo ambiguo e sostanzialmente differente dalla realtà; non risponda evasivamente (o peggio) a interpellanze parlamentari che fanno riferimento a vicende specifiche e preoccupanti. In questo Paese c'è libertà di manifestazione del pensiero e c'è la libertà di riunione; ma entrambe sono sottoposte a limiti, che si desumono da una Costituzione intrisa di antifascismo e di democrazia. E poi, se non bastasse, c'è la Carta dei diritti di Strasburgo che, in data molto recente (21 dicembre 2015), ha riaffermato, ancora una volta, la piena vigenza dell'art. 10 della Convenzione europea dei diritti dell'uomo (che consacra il diritto alla libera manifestazione del pensiero), aggiungendo però che bisogna tener conto anche dell'art. 17 della stessa Convenzione che inibisce l'abuso dei diritti fondamentali, ogni volta che una libertà garantita dalla Convenzione venga utilizzata “per fini contrari al testo ed allo spirito della stessa, diretti alla distruzione e alla eliminazione dei diritti e delle libertà da essa garantiti”.
Questo principio vale, ovviamente, anche per l'Italia, non solo perché fa parte dell'Europa e come tale soggetta alla citata Convenzione, ma anche e soprattutto perché è dotata di una Costituzione, come ho detto più sopra, democratica e antifascista. Non si chiede altro se non che vengano applicate le leggi vigenti, assumendo come regola di principio il contenuto e lo spirito della Costituzione, e dunque non solo reprimendo, ma prima di ogni altra cosa, prevenendo ogni abuso delle libertà, realizzando o utilizzando simbologie, concezioni e comportamenti, che si richiamino a sistemi, metodi e connotati del fascismo di ieri e di sempre.
Vorremmo, infine, che fosse usata - nei confronti di chi compie atti di violenza contro le altrui libertà - quella mano forte che, in altri casi, le forze dell'ordine hanno mostrato di ben conoscere e che spesso, invece, trascolora e si appanna quando si tratta di organizzazioni e manifestazioni di tipo fascista, ritenute, senza alcun fondamento, meritevoli di una particolare comprensione e condiscendenza. Se invece di raccontare favole, si accertasse che fine hanno fatto i procedimenti contro i denunciati, fermati o arrestati, di cui parla lo stesso Ministro, si chiarisse come mai costoro appartenessero a quella specifica associazione e non ad altre, quali misure queste innocenti ed innocue associazioni abbiano preso per isolare i violenti e prendere le distanze tra loro, forse ci troveremmo in una situazione più vicina alla realtà e saremmo meno esposti agli spettacoli vergognosi ed ai pericoli seri che queste vicende prospettano alla nostra democrazia.
Noi continueremo, comunque, ad opporci ad ogni manifestazione di tipo fascista, ad ogni atto di violenza, ad ogni tentativo di accreditarsi in una veste diversa da quella della realtà. E faremo di tutto affinché quest'ultima venga percepita da tutti i cittadini, anche quelli che oggi sembrano restare indifferenti, nella sua concreta realtà. Non accetteremo provocazioni, ma non cederemo di un millimetro sulla difesa intransigente della convivenza civile e di una democrazia che si qualifica decisamente, in tutta la Costituzione, come antifascista. E continueremo a pretendere che le Istituzioni (quelle statuali e quelle del sistema delle autonomie) facciano pienamente la loro parte, abbandonando quella sorta di “neutralità” che non può essere consentita e che spesso ha il sapore acro della tolleranza a senso unico.
Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell'Anpi