Dal Msi al Famedio. Perché?
Perché un missino al Famedio del cimitero monumentale di Milano, ossia il luogo dove vengono iscritte le personalità che hanno dato lustro alla città medaglia d'oro della Resistenza? È una domanda che molti milanesi - e non solo - democratici e antifascisti si stanno facendo da quando hanno saputo che il senatore del Msi, Franco Servello (1921-2014) ha avuto questo onore. "Lo abbiamo appreso con profondo stupore", conferma Roberto Cenati, presidente ANPI Milano che ha poi inviato una lettera di protesta al presidente del Consiglio comunale, Basilio Rizzo e, per conoscenza, al Sindaco di Milano.
Nella lettera viene ribadito che tale decisione assunta all'unanimità dalla Commissione presieduta da Basilio Rizzo e della quale facevano parte due Assessori della Giunta di centro-sinistra, è di estrema gravità perché si è voluto iscrivere al Famedio che riporta i nomi di chi ha dato lustro a Milano, Franco Servello, che non ha mai rinnegato le sue nostalgie fasciste.
Così Milano, Città Medaglia d'Oro della Resistenza vedrà iscritti accanto ai Combattenti per la Libertà il nome di chi si è sempre richiamato al ventennio fascista.
La lettera si conclude sostenendo che questa dolorosa ferita portata a Milano, capitale della Resistenza, deve essere assolutamente sanata.
"Pur manifestando il nostro sentimento di rispetto per i defunti - spiega in una dichiarazione Cenati - ci preme evidenziare che al Famedio vengono iscritte le personalità più significative ed importanti che hanno dato lustro a Milano, città Medaglia d'Oro della Resistenza. Vogliamo sottolineare che Franco Servello, senatore del Movimento Sociale Italiano, che mai ha rinnegato le sue nostalgie fasciste, partecipò e fu tra gli organizzatori, con altri esponenti del Movimento Sociale Italiano, della manifestazione neofascista del 12 aprile 1973, vietata dalla questura di Milano. Nel corso della manifestazione e degli incidenti provocati dai neofascisti venne ucciso Antonio Marino, guardia di pubblica sicurezza, insignito il 5 maggio del 2009 dalla Presidenza della Repubblica della Medaglia d'Oro al merito civile".
Anche l'Aned (Associazione nazionale ex deportati politici nei campi nazisti) ha espresso il proprio dissenso e chiede la revoca della decisione.
Questa la lettera inviata al sindaco di Milano, Giuliano Pisapia.
"Caro Sindaco Pisapia, Alla sconcertante unanime (!) approvazione da parte della Commissione comunale dell’iscrizione di Franco Servello al Famedio, e alle burocratiche spiegazioni che si richiamano a formali motivazioni istituzionali, sono seguite le giuste proteste dell’ANPI e di altre organizzazioni democratiche milanesi. L’ANED, l’associazione che si richiama alla Memoria e al sacrificio di tutti i Deportati politici e “razziali” vittime del nazifascismo, questa volta disapprova con vigore e convinzione la decisione del Comune di Milano. Franco Servello è stato un fascista durante il ventennio e in tutta la sua lunga vita politica postbellica non ha mai rinnegato il fascismo.
Accogliere nel Famedio Franco Servello suona offesa a Milano che - va evidentemente rammentato al Consiglio comunale e ai suoi assessori - è città Medaglia d’Oro della Resistenza. Nel Famedio sono ricordati, solo per far pochi esempi, resistenti, partigiani e deportati che hanno combattuto la barbarie nazifascista: Leo Valiani, Aldo Aniasi, Onorina Brambilla Pesce, Giovanni Pesce, Laura Conti, Claudio Sommaruga, e altri. L’iscrizione in quel luogo del nome di Franco Servello, che fu protagonista negativo anche degli anni della “strategia della tensione” contro le istituzioni democratiche, costituirebbe una ferita indelebile alla sacralità del luogo e un oltraggio ai milanesi illustri che vi sono registrati per essere proposti all’ammirazione di tutti.
Caro Sindaco Pisapia, con questa decisione la sua Amministrazione ripropone nei fatti quella inaccettabile l’equiparazione fra resistenti e fascisti che già fu tentata dalle Amministrazioni precedenti. Ma la Storia ha condannato il nazismo e il fascismo, regimi basati sulla sopraffazione, sulla violenza, sul disprezzo degli esseri umani, sul razzismo, sulla riduzione in schiavitù di milioni di uomini e donne, costretti a lavorare fino alla consunzione, sullo sterminio pianificato di ogni opposizione e di persone colpevoli di “essere nate” (ebrei, rom e sinti, disabili, omosessuali, asociali). Questa è la ‘sostanza’ che sembra essere sfuggita alla coscienza storica e politica di chi ha firmato l’iscrizione di Franco Servello al Famedio. L’ANED fa appello a lei e a tutte forze politiche democratiche e antifasciste presenti in Consiglio comunale perché venga revocata una decisione che turba e indigna".
Il commento di Carlo Smuraglia dalla newsletter 178:
Il fatto è semplice. A Milano c’è il Cimitero Monumentale, che raccoglie anche tombe di uomini e donne illustri e ricorda persone che hanno “illustrato” Milano e non solo, pur se sono seppelliti in altri luoghi (qualche nome: Boito, Catalani, Cremona, Giussani, Hayez, Horowitz, Manzoni, Marinetti, Medardo Rosso, Toscanini e, più di recente Alda Merini, Franco Parenti, Giovanni Pesce e molti altri).
Proprio all’ingresso del Cimitero c’è il “Famedio”, luogo dedicato al ricordo di personalità illustri, anche solo con un’iscrizione. Dal 2010 il Comune di Milano, ha creato un’apposita Commissione del Consiglio, con rappresentanti di tutti i gruppi, per scegliere le persone che dovranno essere iscritte, ogni anno, in occasione del 2 novembre. Anche in questo caso, i nomi sono parecchi e basterà citarne solo alcuni, accanto a quelli dell’elenco sopra indicato: Leo Valiani, Aldo Aniasi, Onorina Brambilla Pesce, Giovanni Pesce, Laura Conti, Claudio Sommaruga, etc.
Quest’anno la Commissione si è riunita e, all’unanimità, ha deciso di iscrivere 29 persone e in un elenco speciale, 14 donne. Ci sono Presidenti di ordini professionali, artisti di rilievo come Ronconi, medici, imprenditori. Tra le donne Fiorella Ghilardotti (prima donna Presidente di Regione), Angelica Balabanoff (politica), Maria Montessori (educatrice), Maria Grazia Cutuli (giornalista assassinata dai terroristi in Afghanistan).
Fin qui nulla da dire. Ma poi c’è anche il nome di Franco Servello (politico), che lascia veramente di stucco.
Servello è stato un esponente del Movimento Sociale italiano e Senatore, per il suo partito. Ha coperto cariche pubbliche nel MSI, non ha mai rinnegato di essere stato fascista. Una cronaca dell’epoca riporta una foto del suo funerale, in cui appaiono non pochi saluti romani. Dunque, non avendo fatto nulla di eccezionale, neppure nell’esercizio delle funzioni parlamentari, allora bisogna dire che è stato inserito per “meriti fascisti”. Altrimenti, si potrebbero iscrivere tutti i parlamentari e politici, purché non siano finiti in carcere.
È un segno dei tempi. Naturalmente l’ANPI e l’ANED hanno vivamente protestato. Ed altrettanto naturalmente è apparso un articolo su “Il Giornale” in cui si parla di “odio che non passa”, di una sinistra che vive di logoro antifascismo, di pagine della storia d’Italia che l’ANPI vuole stracciare. Ci vuole un po’ di coraggio a scrivere certe cose, ma lasciamo stare, tanto non riusciremo mai a far capire a chi non vuol capire che l’odio non c’entra per nulla e che in gioco sono soltanto la storia e la dignità di un Paese. Il fascismo è stato quello che sappiamo: dittatura, orrori, persecuzioni razziali, morte. Non può essere considerato meritorio averne fatto parte, per la semplice ragione che la storia è andata in un'altra 2 direzione, ha vinto la Resistenza, è nata la Repubblica, la Costituzione fondata su valori tutti contrari all’ideologia ed alla pratica fascista.
Non c’è bisogno di argomentare a lungo su questo. Lo sforzo per arrivare ad una “memoria condivisa” dovrebbe passare per altre vie, oggi ancora improponibili: e la prima tappa dovrebbe essere quella del riconoscimento della Storia, del rifiuto del fascismo e della dittatura, della straordinaria importanza della Resistenza e della Liberazione. Non siamo ancora arrivati ad una memoria “collettiva”, fondata sul comune riconoscimento almeno dei fatti principali; figurarsi se possiamo pensare ad una parificazione tra chi combatteva e si impegnava per la dittatura e chi dedicava la sua vita alla libertà del Paese.
Ma la riflessione principale deve essere un’altra: come è possibile che in una città democratica come Milano, che si gloria di una Medaglia d’oro per la Resistenza, una Commissione comunale decida una simile cosa e per di più all’unanimità? Nessuno dei componenti si è reso conto che così si reca uno sfregio ai tanti nomi degni e davvero illustri ricordati nel Famedio e si accredita una visione storica improponibile? E non è intervenuta la Giunta, né il Sindaco. Nessuno si è opposto, o ha protestato, al di fuori delle Associazioni di cui ho detto. Questo è il vero dramma di questo Paese, che possano accadere cose del genere in una città democratica e non ci sia una reazione. So benissimo che moltissimi non saranno d’accordo con quella iscrizione; e sono convinto che neppure il Sindaco la gradirà. Ma si tace, e tutto passa in una sorta di indifferenza generale. Come a dire: “con tutto quello che succede, nel mondo e in Italia, che volete che sia?”. E ancora più grave è il non capire che così si è ragionato negli anni venti, quando nasceva il fascismo, così si è ragionato nel ’46, invece di fare una vera epurazione e rinnovare completamente il tessuto democratico della struttura dello Stato.
Se oggi fioriscono gruppi neofascisti, se ancora siamo costretti a vedere i saluti romani e i simboli fascisti (e giustamente non li tolleriamo), è per questa disaffezione alla partecipazione, questo modo di sottovalutare fatti che sembrano modesti, ma in realtà hanno un significato di assai maggior peso di quanto si pensi.
Quando diciamo che questo Stato non è ancora diventato davvero antifascista, alludiamo a questi esempi, che sono tanti e che non sono più accettabili.
Bisogna che le coscienze si risveglino e si compia un salto di qualità nell’impegno democratico. Senza del quale, finiremo davvero, assai tristemente, nella palude di un Paese senza storia e senza valori.
Sia chiaro, una volta per tutte, perfino a certa stampa (se ci riesce) che non stiamo fomentando odi o rancori; pretendiamo soltanto che la storia sia rispettata e accettata per quello che ci racconta e ci descrive, soprattutto delle nostre pagine migliori.
Rivolgiamo una sollecitazione, forte, a coloro che cedono ai compromessi in nome dell’unanimità, a coloro che tacciono, a coloro che non si indignano: chiediamo partecipazione, fedeltà ai princìpi ed ai valori ed infine rispetto per coloro che meritano davvero di essere ricordati e per i quali il doveroso ricordo non deve essere umiliato e svilito.
Mentre il rispetto per ogni defunto come tale è, ovviamente, fuori discussione.