Non umiliare la Grecia
La vicenda della Grecia si sta concludendo nel modo più doloroso e spiacevole. Avevamo tutti sperato che l’esito del referendum (quale che fosse il giudizio che si dava su quella iniziativa) aprisse un negoziato improntato ad una minore durezza nei confronti della Grecia. Non è stato così. La reazione è stata di un rigore che ci ha lasciato esterrefatti. Possiamo comprendere tutte le ragioni, i dubbi, le perplessità, di fronte ad un debito enorme come quello della Grecia. Ma a che serve distruggerla, facendo pagare anche gli errori e perfino le malefatte di alcuni a tutto un popolo che, nel suo complesso, ha ben poche responsabilità?
Ci sono stati casi, in questo dopoguerra, in cui si sarebbe potuto anche infierire nei confronti di chi aveva creato disastri in tanti Paesi, cagionato guerre pesantissime (anche per i civili), compiuto stragi ed atti barbarici, con altezzosa sicurezza e perseguitato milioni di persone solo perché ritenute “diverse”. Non fu fatto nulla di vendicativo, di prepotente o che avesse sapore di rivalsa, né sul piano politico, né su quello economico (anzi, un enorme debito, della Germania è stato praticamente cancellato).
Adesso, invece, si vuol procedere in modo totalmente diverso, non solo costringendo un Paese a subire condizioni terribili, ma anche umiliandolo oltre ogni limite. E questo è grave perché significa che un Paese che appartiene all’Europa, viene considerato e trattato come un estraneo. E questo non ha nulla a che fare con la concezione (da Altiero Spinelli in poi) di un’Europa unita. Ma che Europa è questa, così dura, così intransigente, così rigida, così legata a criteri di autoritarismo economico (e politico)? Che cosa resta del sogno di tanti, se un Paese può essere immolato sull’altare del rigore e dell’austerità? Purtroppo in questa Europa disumana sembrano non albergare più i principi di solidarietà e di fratellanza, che una volta erano propri almeno dei partiti che si richiamavano al socialismo. Sia ben chiaro: non siamo qui a giustificare, a priori, gli errori, le scorrettezze, le “allegrie” economiche e tanto meno i falsi, se è vero che anche questi furono commessi.
Ma c’è modo e modo; c’è la necessità di distinguere tra colpevoli e innocenti, tra coloro che magari ci si sono arricchiti, e quelli che hanno subito. Quel popolo che ha detto “NO” al referendum e che adesso soffre ore di incertezza e di difficoltà terribili, non è fatto di criminali, di sperperatori o di speculatori. Ci sono anche quelli, e sarebbe ora di individuarli, ma non si possono colpire indiscriminatamente molti milioni di greci.
Un’Europa come si era sognata, dovrebbe trovare la strada giusta per costringere chi deve, a pagare il dovuto, ma senza uccidere una nazione, un Paese intero. E se anche dovesse imporsi il quadro che si è delineato dopo la fatidica notte di discussioni, bisognerebbe riuscire a trovare il modo per rendere sostenibile un debito che tale (secondo alcuni) non è, per salvare il salvabile, pur pretendendo il rispetto di regole fondamentali, fra le quali certo anche quella che ci ripetevano i nostri padri (“non si fanno debiti”), ma tenendo unita l’Europa, ricordando gli ideali da cui è nata come unità “politica” e non “economica” accettando tutti che parole come solidarietà e fratellanza sono indispensabili per la convivenza dei popoli, per evitare nuove guerre, ma anche per evitare nuove forme di imperialismo (magari economico).
Qualcuno scrollerà le spalle, forse, parlando di utopia; ma io tengo a ribadire che ciò che propongo non è solo e tanto nell’interesse della Grecia, ma è anche in quello di tutti i Paesi che costituiscono l’Europa e della stessa prospettiva di realizzare il sogno di una vera unità politica, che non può, non deve nascere solo sulle rovine di questo o quel Paese.
Carlo Smuraglia, presidente nazionale dell'Anpi