Piazza Loreto 1944: una strage nazifascista per terrorizzare
Per ricordare l'eccidio nazifascista di piazzale Loreto sabato 10 agosto si è svolta la commemorazione con interventi del sindaco di Milano Giuliano Pisapia, l'assessore alla Provincia Paolo Del Nero, il Vicepresidente della Regione Lombardia Mario Mantovani e Sergio Temolo per i familiari.
Qui di seguito l'intervento di Roberto Cenati, presidente provinciale dell'Anpi di Milano.
“Quella terribile mattina del 10 agosto 1944 quindici resistenti furono fucilati all'alba e i loro corpi furono ammucchiati sul lato sinistro di piazzale Loreto”. Così comincia la drammatica testimonianza di una nostra carissima amica Adelina Del Ponte, che salutiamo affettuosamente. “Io -continua Adele Del Ponte – ricordo di avere accompagnato la madre e le sorelle di Vertemati, ad identificare la salma del loro figlio e fratello. In quel povero mucchio di uomini morti, coperti da grumi di sangue e da mosconi inferociti dalla grande calura, la ricerca per l'identificazione del corpo del giovane fu una cosa straziante ed orribile. Ricordo che per separare i corpi affastellati ed abbracciati nella sorte comune, i militi repubblichini adoperavano i loro piedi, calzati da orrendi stivali. A pedate e tra urla ingiuriose la salma di Vertemati fu identificata e mostrata alla madre e alle sorelle.”
Da quel lontano agosto del 1944 piazzale Loreto è rimasto nel cuore, non solo dei parenti e degli amici delle quindici vittime, ma di tutti gli antifascisti che mai dimenticheranno tanta barbara crudeltà. La manifestazione di oggi assume un'importanza e un rilievo particolari perché quest'anno ricorrono il settantesimo anniversario degli scioperi del marzo 1943, della caduta del fascismo, dei bombardamenti devastanti su Milano dell'agosto di quell'anno, dell'inizio della Resistenza armata contro il nazifascismo che tra i suoi primi atti ha visto la strenua resistenza della Divisione Acqui a Cefalonia, massacrata dalle truppe della Wehrmacht. Quei tragici fatti facevano parte della memoria di tanti uomini e donne, partigiani e antifascisti che anche quest'anno, purtroppo ci hanno lasciato e che voglio qui ricordare: Orfeo Gagliardini, Aldo Marchi, Tullio Zecchi, Alberto Codevilla, Sergio Ricaldone, Giuliano Gilberti. E per la prima volta non è tra noi in questa manifestazione Annunziata Cesani, la nostra Ceda che con Nori Brambilla Pesce e Concettina Principato è stata da sempre l'instancabile animatrice dell'ANPI Provinciale di Milano, simbolo insieme a tante altre partigiane, come Teresa Noce, Stellina Vecchio, Alba Rossi Dell'Acqua, Teresa Mattei, del ruolo fondamentale svolto dalle donne nella Resistenza.
La crescente deriva revisionistica volta a rivalutare il fascismo, il fascismo “buono”, che ha commesso soltanto qualche errore, come è stato definito da Berlusconi all'inaugurazione del Memoriale della Shoah il 27 gennaio 2013 a Milano, ha contribuito a far dimenticare tutti coloro che del fascismo e del nazismo sono stati vittime, come gli oltre 15.000 civili massacrati nelle stragi perpetrate tra l'8 settembre 1943 e il 1944 da parte delle truppe tedesche e dai repubblichini. Le armate tedesche, consce di aver perso la guerra, abbandonano nel giugno 1944 Roma ritirandosi lungo la linea Gotica. Sanno che comunque la disfatta è vicina: si tratta solo di rallentare l’avanzata alleata per dare modo al grosso delle truppe di ritirarsi verso il Brennero. Le stragi compiute dai nazifascisti non sono da considerare come casi isolati o come rappresaglie contro i partigiani, ma come un elemento di una strategia ben precisa volta a terrorizzare la popolazione, per impedire che essa venga in aiuto dei partigiani. Fondamentale è stata la collaborazione dell'esercito di Salò, senza la quale i tedeschi da soli, non sarebbero riusciti ad arrestare, torturare e deportare tanti nostri concittadini.
Condanna della sentenza di Stoccarda
È proprio di questi ultimi mesi la gravissima decisione della Procura di Stoccarda, contro la quale abbiamo elevato tutto il nostro profondo sdegno, di respingere il ricorso contro l'archiviazione della strage di Sant'Anna di Stazzema. La Procura tedesca aveva deciso di archiviare l’inchiesta riguardante dieci SS responsabili dell’eccidio di Sant’Anna di Stazzema avvenuto il 12 agosto 1944 nel corso del quale furono trucidate 550 persone, di cui 116 bambini. Per questo orrendo crimine il tribunale di La Spezia nel 2005 aveva condannato all’ergastolo le dieci SS. L’Anpi ha da tempo deciso di assumere la questione delle stragi nazifasciste come una sua battaglia nazionale.
La crisi recessiva europea e lo sviluppo di movimenti neofascisti e neonazisti
Viviamo in una realtà planetaria schiacciata sotto il peso di una complessità dai risvolti drammatici. Un groviglio di questioni gravi e di portata enorme: dalle disuguaglianze alle guerre, allo sfruttamento rapace e suicida delle risorse naturali e dell’ambiente. Viviamo il dramma di società frantumate da un coacervo di interessi contrastanti, società dove prevale una individualistica dissociazione dal bene comune, società dove è smarrito un solido riferimento a valori ed ideali. In questo contesto, ognuno si rivolge all'autorità più vicina per trovare soluzioni adeguate. Ma la realtà è ben diversa. È costituita dal fatto che nessun paese, da solo, ha le risorse per riuscire a garantirsi un futuro per le proprie generazioni. Bisogna quindi uscire da una visione provinciale, angusta e localistica dei problemi. È questo l'argomento forte del bisogno d'Europa, ma non di un'Euopa dominata dalla politica dell'austerità e del rigore. Dobbiamo tornare a riscoprire l'Europa degli esordi, la cui motivazione di fondo, ribadita anche nel solenne giuramento dei sopravvissuti del lager nazista di Mauthausen del 16 maggio 1945, era costituita dal valore della pace, dalla volontà di mettere fine alle guerre dopo due conflitti mondiali, combattendo ed estirpando per sempre non solo i nazionalismi ma anche la povertà, provocata dalla pesantissima crisi del 1929, tra le cause che hanno determinato l'ascesa al potere del nazismo. La gravissima crisi recessiva europea si è pericolosamente intrecciata con il preoccupante rifiorire di formazioni neofasciste, neonaziste e populiste, accomunate dalla scelta di scagliarsi contro un nemico esterno, di volta in volta identificato negli ebrei, nei rom, nei musulmani o negli stranieri in genere.
La battaglia antifascista nel nostro Paese e a Milano
Anche in Italia sono sempre più frequenti le manifestazioni, le aperture di nuove sedi, il rifiorire di movimenti dichiaratamente neonazisti e neofascisti. Ad Affile si è recentemente svolta una manifestazione neofascista, con tanto di saluti romani, di fronte al mausoleo dedicato a Graziani, massacratore delle popolazioni della Cirenaica e ministro della Repubblica di Salò. Nel corso della trasmissione in prima serata dell'8 luglio 2013 di Rai3 (TV pubblica) sono state pronunciate parole offensive sui partigiani, relativamente ai fatti di via Rasella, cui sono seguite le scuse della direzione di Rai3 a seguito della ferma posizione dell'ANPI Nazionale. A Roma sono stati preparati i festeggiamenti per il compimento dei cento anni del criminale di guerra e massacratore delle Fosse Ardeatine Priebke e sono comparse scritte neonaziste sulla sede dell'ANPI nazionale. E a Tradate, in provincia di Varese, sono comparsi manifesti che celebrano il compleanno di Mussolini. Ciò non è più accettabile e tollerabile. Le ragioni sono da ricercarsi nel fatto che il nostro Paese non ha mai fatto i conti con il proprio passato, non ha mai analizzato a fondo il fascismo, sconfitto militarmente il 25 aprile 1945, ma non culturalmente e idealmente. Come si può pensare, d'altra parte, che in Italia ci sia una decisa azione contro le ideologie e i movimenti neonazisti e neofascisti se, nell'intervento di insediamento del Presidente del Consiglio Enrico Letta, è mancato un cenno alla Resistenza e non è mai stata pronunciata la parola antifascismo per noi indissolubilmente legata al concetto di democrazia? L'antifascismo non può essere prerogativa esclusiva di questa o quella associazione: l'antifascismo, in un paese che si è liberato da una dittatura fascista a carissimo prezzo, deve essere di tutti, come lo si desume dallo stesso dettato di tutta la Costituzione, che in ogni suo articolo esprime valori e principi in nettissimo contrasto non solo con il fascismo in camicia nera ma con tutti i fascismi e tutti gli autoritarismi, comunque si presentino.
Anche a Milano Città Medaglia d'Oro della Resistenza, si svolgono con sempre maggiore frequenza raduni neonazisti e neofascisti: la sfilata paramilitare neonazista del 29 aprile che si svolge ogni anno a ricordo di Ramelli, Pedenovi e Borsani, il raduno europeo che ha avuto luogo a Rogoredo il 15 giugno scorso e l'iniziativa organizzata a Niguarda dal gruppo neonazista Lealtà e Azione, con il patrocinio della Provincia di Milano. Certo, contro questi movimenti che si pongono in aperto contrasto con i principi sanciti dalla Costituzione, oltre alla denuncia alle autorità competenti, va sviluppata una ampia e intensa azione a livello ideale, culturale e storico per far conoscere, a un'opinione pubblica troppo spesso passiva e indifferente, il vero volto del fascismo. Ma ciò non basta. Occorre che le istituzioni cittadine prendano una posizione netta e decisa. Bisogna che l'Amministrazione comunale di Milano, in primis, dica chiaramente che Milano, Città Medaglia d'Oro della Resistenza non vuole essere invasa e oltraggiata da simboli e manifestazioni neonaziste e neofasciste che offendono la memoria dei Caduti per la Libertà.
Emergenza democratica
Siamo vivendo nel nostro Paese una situazione molto grave e inquietante, dove persino le più elementari regole democratiche vengono disconosciute, dove un partito che è in Parlamento e al governo non riconosce, di fronte alla condanna definitiva a 4 anni del suo leader, l'autonomia della magistratura, definita da Berlusconi non un potere dello stato, ma “un ordine dello stato fatto da impiegati che hanno vinto un concorso e che non subiscono controlli”. Questo partito cerca addirittura di costruire un salvacondotto a posteriori per Berlusconi, facendo appello alla piazza ed evocando, per bocca del suo coordinatore, persino lo spettro di una guerra civile. Il dato estremamente preoccupante è che quindi si possa formulare la convinzione che chi ha il consenso elettorale sia in qualche modo esentato dall'obbligo di rispettare la giustizia negando, in tal modo, il principio della giustizia uguale per tutti. La questione decisiva che si pone nel nostro Paese è pertanto la difesa della legalità repubblicana dalle manovre eversive contro la separazione dei poteri e lo stato di diritto, cioè contro la nostra democrazia. In Italia oggi il rischio, purtroppo reale, della catastrofe della democrazia consiste nella cancellazione e nella dissoluzione delle regole e dei valori che la rendono possibile. Tale emergenza democratica, cui si accompagna un'implosione di tutti i valori, il manifestarsi quasi quotidiano di fenomeni di corruzione e il distacco quasi definitivo tra cittadini e istituzioni, si intreccia con la gravissima crisi economica e sociale. Non può sopravvivere, nel nostro Paese, sottoposto ad una pressione fiscale salita al 53%, una società con livelli così alti di disoccupazione giovanile, con un indice crescente di mortalità delle imprese, con una così forte de-industrializzazione, con migliaia di lavoratori che vengono continuamente espulsi dalla produzione. Non può resistere un'economia, dopo anni di decrescita, che resta ferma alle dottrine rigoriste e si mostra incapace di rilanciare la domanda interna. La tesi secondo cui austerità e tagli da soli avrebbero portato alla crescita viene smentita da tutte le parti. La situazione è aggravata dal fatto che i vincoli di bilancio pubblico più stringenti ce li siamo inflitti noi stessi. È stato un nostro governo, guidato da Berlusconi, a imporci di azzerare il deficit del 2013 ed è stato il nostro Parlamento, l'anno scorso, ad introdurre uno stringente vincolo di bilancio in pareggio nella Costituzione. Nessuno ce lo aveva chiesto. Le regole fiscali europee non implicano necessariamente un bilancio in pareggio. La nostra bussola deve rimanere il lavoro che deve diventare la nostra ossessione, perché altrimenti, senza lavoro, sarà impossibile anche ricostruire le istituzioni su una base di consenso.
Il governo delle larghe intese
A far fronte alla drammatica crisi recessiva si è costituito il governo delle larghe intese che Berlusconi, nonostante le sue vicende giudiziarie, vorrebbe di pacificazione e di riconciliazione nazionale. Certo abbiamo trascorso momenti della nostra storia caratterizzati dalla intesa unitaria tra forze politiche profondamente diverse. Fu questo l'esempio della Costituente dove si riuscì a trovare una base comune su grandi questioni. Ma allora la ricerca di una convergenza unitaria si basava sullo sforzo, da parte di forze politiche e di uomini usciti dalla Resistenza, di trovare un accordo anche sulle questioni più complesse, nell'interesse generale. Ora la situazione appare profondamente e radicalmente diversa. Secondo alcuni, invece, l'unico modo per affrontare la crisi del Paese è il mantenimento della stabilità politica che assurge quasi a valore supremo, non negoziabile. La stabilità ad ogni costo è diventata una sorta di idolatria, non mezzo, ma finalità ultima dell'agire politico. Ci vorrebbe, in definitiva, un progetto di lungo respiro per risolvere i problemi del Paese, e non l'adozione di una serie di mini interventi di cui si ignora la reale efficacia. In compenso vengono incentivate le spese per gli armamenti riguardanti i cacciabombardieri F35 (con ognuno dei quali si potrebbero costruire più di 80 asili nido), magari da utilizzare per le cosiddette missioni di pace. In Parlamento era emerso un ampio fronte contrario all'investimento di ben 15 miliardi di Euro, ma il Consiglio supremo della difesa ha emesso a giugno un comunicato nel quale si afferma che “l'eventuale controllo delle Camere sui programmi di ammodernamento delle forze armate non può tradursi in un diritto di veto su decisioni operative”.
I progetti di revisione della Costituzione
In questi mesi è comparsa, sui quotidiani italiani, una preoccupante presa di posizione di una delle maggiori banche d'affari mondiali: la Morgan. Nel documento vengono espressi quelli che sono i sogni dei finanzieri: uno stato che funzioni come un'azienda: basta con la divisione dei poteri, basta con le protezioni del lavoro, basta con le Costituzioni antifasciste contaminate dalle idee socialiste. In tempi più lontani Willy Brandt suggeriva di correggere la democrazia “osando più democrazia”. Secondo la Morgan, invece, il buon funzionamento dell'economia non è un mezzo attraverso cui si cerca di migliorare il benessere collettivo, ma il fine da perseguire a costo di stracciare le garanzie e i diritti di uno stato democratico. Questo “sogno” si accosta per certi versi, a quello che sta accadendo in alcuni paesi dell'Unione europea, come l'Ungheria, ma anche nel nostro Paese, con i progetti di revisione costituzionale, mentre sarebbe più che mai urgente la riforma della legge elettorale.
Le eventuali revisioni costituzionali sarebbero, fra l'altro, varate da un Parlamento di non eletti, ma di designati dai partiti. Il Comitato dei saggi, nominato dal Governo, che lavorerà (cosa che non si era mai verificata prima) come una Commissione vera e propria dovrebbe elaborare un progetto da presentare al governo che lo trasformerebbe in un testo di legge da far esaminare dalle Commissioni Affari Costituzionali di Camera e Senato. Molto discutibile è dunque l'iter che si vuole percorrere, perché a presentare il disegno di legge di revisione costituzionale sarà il governo e non il Parlamento. Una volta era il Parlamento che lavorava attorno ad una bozza e poi, magari, interpellava un gruppo di esperti. Adesso è il contrario. Sarà il Parlamento che si troverà di fronte ad un lavoro completo che dovrà esaminare. Nella riunione del Consiglio dei Ministri dedicata all'approvazione del disegno di legge costituzionale relativo al percorso delle riforme è già stato modificato quanto prevede l'articolo 138 che riguarda l'iter delle riforme costituzionali, articolo che, semmai dovrebbe essere rafforzato e rigorosamente rispettato. Si è infatti ridotto da tre mesi ad uno l'intervallo intercorrente tra la prima e la seconda approvazione del testo delle leggi costituzionali eventualmente modificative della forma di governo. I problemi che abbiamo di fronte sono difficili e complessi e richiedono, impegno, rispetto dei principi, delle regole e della impalcatura costituzionale fondata sull’equilibrio e la divisione dei tre poteri (esecutivo, legislativo e giudiziario) che sono alla base della democrazia repubblicana. Noi siamo perché questo fondamentale equilibrio non sia turbato e sbilanciato a favore del potere esecutivo e del suo rafforzamento.
Come ANPI siamo sempre stati e saremo contro ogni ipotesi di repubblica presidenziale o semipresidenziale, scartata dalla Assemblea Costituente per il timore del ripetersi di pericolose involuzioni autoritarie in un Paese che già aveva sperimentato la dittatura fascista. Non si può pensare di superare la gravissima crisi recessiva che investe il nostro Paese stravolgendo l'impalcatura fondamentale della Costituzione repubblicana, con una sua radicale riscrittura che andrebbe anche inevitabilmente ad intaccare gli stessi principi fondamentali. La Costituzione nata dalla Resistenza va difesa ed attuata in tutte le sue parti. È necessario, a questo proposito, sviluppare le più ampie, articolate e unitarie iniziative e intensificare la mobilitazione per prepararci al referendum che comunque si svolgerà alla fine del 2014.
Il monito dei Quindici
I Quindici Martiri di piazzale Loreto sono stati l’anima di una Milano che opponendosi al fascismo lottava per la libertà e la democrazia, fino al sacrificio della propria vita. Non furono scelti a caso: ognuno di loro svolgeva un ruolo importante nella Resistenza italiana, come Libero Temolo promotore degli scioperi del marzo 1943 alla Pirelli, come Umberto Fogagnolo, organizzatore insieme a Giulio Casiraghi degli scioperi del marzo 1943 e del marzo 1944 a Sesto San Giovanni città Medaglia d'Oro della Resistenza, la cui classe operaia svolse un ruolo di primo piano nella lotta contro il regime nazifascista (sette dei Quindici sono sestesi). L’esempio dei Quindici Martiri costituisce un forte monito anche per noi, perché, raccogliendo l’eredità che ci hanno lasciato, continuiamo a batterci, per una società più libera e più giusta in grado di assicurare una vita serena agli anziani e soprattutto ai giovani. Il loro sacrificio richiama l’importanza, in questo delicatissimo momento, di gravissima crisi politica, istituzionale e morale della dimensione etica della politica che va posta al servizio del bene comune, come l'intera vicenda resistenziale ci ha insegnato e la necessità di un profondo rinnovamento della politica che si salva solo se non si appiattisce sui problemi dell’immediato, se non si riduce a iniziative di corto respiro, ma se si dota di progettualità e si caratterizza per la sua tensione e proiezione verso l’avvenire.
Ricordava Giovanni Pesce, di cui quest'anno ricorre il sesto anniversario della scomparsa, in un suo intervento in Consiglio Comunale del 25 luglio 1963 che “Anche la targa di una via o di una piazza che ricordi un nome glorioso o un episodio significativo della lotta popolare antifascista rappresentano un contributo da non sottovalutare.” Noi crediamo che Milano il simbolo visibile che ricordi le battaglie del popolo milanese durante il secondo Risorgimento lo abbia nella Loggia dei Mercanti, sotto la quale sono scolpiti i nomi dei Combattenti per la Libertà, degli oppositori politici, dei deportati milanesi nei lager nazisti. Ci stiamo battendo da tempo per la riqualificazione della Loggia dei Mercanti, sottraendola definitivamente al degrado, perché diventi un luogo vivo della Memoria di Milano, città Medaglia d'Oro della Resistenza. In una lettera indirizzata all'ANPI il sindaco di Milano ci ringrazia per l'impegno profuso in questo progetto importante che restituirà ai milanesi un luogo simbolo della città. Vorremmo che non soltanto l'ANPI, ma anche l'Amministrazione comunale, che nelle linee programmatiche ha riaffermato il riconoscimento di Milano come capitale della Resistenza, si impegnasse a rendere la Loggia un luogo vivo della Memoria di Milano. Così come riteniamo doveroso che nella ricorrenza del settantesimo anniversario dell'eccidio di piazzale Loreto venga restaurato il Monumento dedicato ai 15 Martiri che sta cadendo a pezzi, simbolo anch'esso di Milano, capitale della Resistenza. Ci batteremo e non ci stancheremo di incalzare su questi temi l'Amministrazione Comunale di Milano alla quale abbiamo da tempo chiesto che i giardini di via Andrea Doria siano dedicati a Giovanni Pesce e a Nori Brambilla Pesce. Siamo profondamente convinti che anche in tal modo si possa tenere viva la memoria di chi ha combattuto e sacrificato la sua giovane vita per liberare l'Italia dal nazifascismo e costruire una società più giusta. Ma non ci limiteremo a ciò. Dobbiamo sviluppare, in questo delicatissimo momento, una estesa e intensa azione di carattere ideale e culturale, soprattutto verso le giovani generazioni. Osservava Pesce nel citato intervento del 1963: “Certamente l’Italia avrebbe camminato molto di più, e molto più speditamente, se i valori della Resistenza avessero potuto entrare, come era necessario, nel tessuto connettivo della nazione: nelle famiglie, nelle scuole, nelle istituzioni dello Stato. Purtroppo, dobbiamo ripetere, ciò non è avvenuto che in misura molto limitata. “Dello spirito della Resistenza continuava Pesce - noi abbiamo oggi il più grande bisogno, perché non possiamo limitarci a ricordare, come un fatto distaccato e lontano, l’inizio della lotta di liberazione. Noi dobbiamo invece insistere sulla necessità di divulgare lo spirito e i valori della Resistenza, poiché la Repubblica dalla Resistenza è nata”. Di questo spirito abbiamo più che mai bisogno per le battaglie che ci impegneranno, nei prossimi mesi, a difesa della legalità repubblicana, della democrazia, della Costituzione nata dalla Resistenza.