Un sanpietrino per ricordare don Pietro Pappagallo
Esistono monumenti che arredano la nostra quotidianità. Ci guardano dalle piazze che attraversiamo per recarci al lavoro, dagli argini delle strade che percorriamo in macchina distrattamente. Ci guardano dall'alto della loro maestosità e drammaticità, spesso estranei nella sostanza quanto familiari nella forma.
Se si pensa ai monumenti, alle tracce della memoria per i posteri, vengono in mente questi grossi agglomerati di figure oppure, in alternativa, i musei. Tuttavia esiste una via di mezzo fra la storia fossilizzata e i luoghi di memoria in cui ci si reca coscientemente, spesso con informazioni già acquisite. Esistono piccoli presidi della memoria che ammiccano al passante, che si celano, discreti, ai distratti o frettolosi ma che stimolano curiosità ed empatia a chi si sofferma a leggere, a pensare. Per scelta.
Sono le "Memorie d'inciampo", sanpietrini come i tanti che pavimentano le strade delle città italiane, ricoperti di ottone e con incisi sopra i dati essenziali di deportati nei lager e di vittime del nazifascismo. Una carta di identità della memoria: nome, cognome, data di nascita, data di deportazione, luogo di deportazione, data di morte.
Il progetto “Memorie d'inciampo” - nato nel 1990 dell'artista tedesco Gunter Demnig che ha deciso di dedicare il suo tempo e il suo impegno alla memoria dei deportati razziali, politici e militari, di tutto il mondo -, è arrivato a Roma nel 2010 e sono già una trentina le pietre poste in vari quartieri della città per volontà soprattutto dei familiari delle vittime del nazifascismo.
Il prossimo 9 gennaio verrà posto, nel rione Monti municipio centro storico di Roma, il sampietrino dedicato alla memoria di don Pietro Pappagallo, la cui attività antifascista e partigiana resta una delle pagine umanamente più toccanti della Resistenza romana, tanto che la sua esperienza è stata presa a modello già nel '45 per il personaggio del prete interpretato da Aldo Fabrizi in “Roma città aperta”.
Pietro Pappagallo nacque a Terlizzi, in provincia di Bari, nel 1888 in una famiglia numerosa e di condizioni economiche modeste. Ordinato sacerdote nel 1915, venne trasferito a Roma nel '25 dove fece parte del Collegio dei Beneficiati della Basilica di Santa Maria Maggiore, dove fu padre spirituale delle Suore Oblate del Santo Bambino Gesù di via Urbana e vice parroco della Basilica di San Giovanni in Laterano.
L'occupazione tedesca della penisola lo colse quindi nella capitale, dove si spese per aiutare disertori, partigiani, soldati alleati, ricercati dal regime e, ovviamente, la gente comune. Fu una delazione a portarlo alla cattura da parte delle SS il 29 gennaio 1944 come figura determinante della lotta clandestina. Don Pappagallo venne così condotto al carcere di via Tasso e da qui alle cave delle Fosse Ardeatine dove morì, il 24 marzo 1944.
Riconosciuto da Papa Giovanni Paolo II tra i martiri della Chiesa del XX secolo, nel 1998 il Presidente della Repubblica, Carlo Azeglio Ciampi, gli conferì la medaglia d'oro al merito civile con la motivazione: «Sacerdote della Diocesi di Roma, durante l'occupazione tedesca collaborò intensamente alla lotta clandestina e si prodigò in soccorso di ebrei, soldati sbandati, antifascisti ed alleati in fuga dando loro aiuto per nascondersi e rifocillarsi. Tradito, fu consegnato ai tedeschi, sacrificando la sua vita con la serenità d'animo, segno della sua fede, che sempre lo aveva illuminato.»
Al suo nome è intitolata la sezione "Esquilino-Monti-Celio" dell'Anpi.
Il programma di Memorie d'inciampo a Roma – dall'8 all'11 gennaio 2012 – è consultabile sul sito: www.memoriedinciampo.it
Per informazioni: Progetto Memoria, Fondazione CDEC - Dipartimento Cultura Comunità Ebraica Roma// Tel. 340.1799505// progetto.memoria@tiscali.it
Gemma Bigi