1/ Front National: la rivincita della vandea
Questo articolo è parte della serie Viaggio nell'estrema destra europea.
Perché, a settant'anni dalla sconfitta del fascismo, vediamo ricomparire nel vecchio continente slogan, simboli ed ideologie eredi delle pagine più buie del Novecento?
Nonostante vicende molto diverse a seconda dei contesti territoriali, proveremo ad intraprendere un veloce viaggio nella galassia dell'Europa di destra, guardando alla Francia del Front National, all'Austria del Fpö, all'Ungheria di Jobbik, alla Scandinavia dei partiti liberali xenofobi e, naturalmente, alla nostra Italia.
questo articolo è parte della serie Viaggio nell'estrema destra europea
Un nuovo contenitore della destra radicale
Il Front National pour l'Unité Française, comunemente chiamato Front National (FN), venne fondato ufficialmente nel 1972 federando, per iniziativa di un gruppo variegato di militanti della destra radicale nazionalista francese, diverse formazioni politiche, sia movimentiste che partitiche.
Si trattava di un progetto molto ambizioso che si prefiggeva l'obiettivo di riunire in un unico contenitore politico la molteplice e dispersa famiglia dell'estremismo nazionalista, tradizionalista cattolico e neofascista francese: un mondo ciclicamente uscito sconfitto da tutte le sue esperienze storiche precedenti, dall'Affaire Dreyfus al collaborazionismo con il Terzo Reich del Regime di Vichy, dal populismo qualunquista di Pierre Poujade alla sconfitta nella guerra d'Algeria del 1962.
Tra i fondatori del Front National, subito eletto come segretario, si notava la presenza dell'ex-militare (nella prima fase della guerra d'Algeria) ed ex-deputato populista di destra, Jean Marie Le Pen, che era stato il più giovane eletto nel Parlamento Francese alla fine degli anni '50.
Per tutti gli anni '70, però, il FN rimase solo uno dei tanti partiti politici estremisti sorti alla destra dello schieramento gaullista, non ottenendo mai risultati di qualche rilievo; ma le cose erano destinate a cambiare rapidamente negli anni '80.
Il “fenomeno Le Pen” (1983-1993)
All'inizio del decennio l'egemonia dei conservatori (1959-1981) volgeva definitivamente al termine con l'elezione, a Presidente della Repubblica, del socialista François Mitterrad (1981-1995).
Il nuovo leader della destra Jacques Chirac si trovava, dunque, a dover rilanciare il proprio progetto politico spostandosi su posizioni più liberiste e meno tradizionaliste, in linea con l'esempio inglese di Margaret Thatcher.
Il Front National intuì che si sarebbero aperti nuovi spazi a destra.
Così, alle Elezioni Europee del 1984, il FN arrivò con una feroce campagna anti-immigrazione, a prendere l'11% raccogliendo 2.210.000 preferenze; nel precedente test elettorale (le Presidenziali del 1981) aveva registrato solo lo 0,18% dei consensi con 45.000 voti.
Pochi mesi dopo, Mitterrand, per rilanciare lo schieramento di sinistra, riformò il sistema elettorale in senso proporzionale e, proprio grazie a questo, nelle Legislative del 1986 il FN ottenne il 9,65% eleggendo ben 35 deputati con circa 2.700.000 voti (il suo miglior risultato nel Parlamento francese tutt'oggi); per Jean Marie Le Pen è il grande ingresso sulla scena politica nazionale.
Se il ritorno alla legge elettorale precedente penalizzò il Front National concedendogli solo un deputato nelle Legislative del giugno 1988, il suo consenso rimase inalterato attestandosi sul 9,7% ( 2.400.000 voti), mentre nelle Presidenziali dell'Aprile 1988 (che riconfermarono l'anziano Mitterrand all'Eliseo) Jean Marie Le Pen arrivò quarto con il 14,4% e 4.400.000 voti.
Tuttavia la “marea nera” non era destinata a fermarsi e nelle Europee del 1989, catalizzando le diffidenze per la CEE della società francese, il Front National ottenne 10 parlamentari europei con un lusinghiero 11,7%, riconfermando il suo segretario a Strasburgo.
Ancora, qualche anno dopo, nelle Legislative del 1993, pur raccogliendo un solo seggio a causa del sistema elettorale francese, il partito di Le Pen totalizzò, al primo turno, un buon 12,5% con 3.150.000 preferenze.
Le radici di un successo: la Préférence National.
Le ragioni politiche profonde di questo exploit vanno ricercate in una retorica xenofoba e nazionalista con diversi accenni autoritari ed antisemiti, propagandata con slogan semplici ed in modo martellante.
Colonna portante del programma lepenista è, fin dall'inizio, il concetto di “Preferenza Nazionale”: un criterio di riorganizzazione dello stato sociale (“assegni familiari, aiuti sociali, sanità pubblica, salario minimo di disoccupazione...”) non più universalistico, ma concesso soltanto ai cittadini francesi.
Per l'immigrazione (definita sprezzantemente “l'invasione migrante”) vi è, invece, una unica soluzione: “l'espulsione di tutti i clandestini e l'attuazione di programmi d'aiuto verso i loro paesi d'origine”; un concetto sintetizzato sui manifesti lepenisti con lo slogan: “La Francia aiuterà gli stranieri, ma a casa loro!”.
Inoltre il Front National rivendica la reintroduzione della pena di morte (abolita su spinta di Mitterrand nel 1981), l'espulsione (dopo aver scontata la pena) per tutti i migranti irregolari detenuti nelle carceri francesi, la cancellazione delle sanatorie sull'immigrazione dal 1982 e la creazione di appositi “nuclei di poliziotti addetti alla cattura e alla ricerca” di clandestini.
Un ulteriore “nemico della Francia” per i lepenisti è la “cultura del '68”, responsabile di una degenerazione della società che va curata: abolendo l'aborto, punendo per legge l'omosessualità, aumentando fortemente le pene per il consumo di droga; in modo da preservare l'identità cattolica della nazione.
Il Front National sarà poi un acerrimo avversario del processo di integrazione e formazione dell'Unione Europea, arrivando a promuovere un referendum anti-trattato di Maastricht nel 1992.
Non mancheranno, inoltre, nelle parole di Le Pen uscite antisemite, definite spesso come “semplici battute” o, a suo dire, frasi male interpretate da faziosi media progressisti, spesso controllati da una sorta di lobby ebraica dell'editoria.
Il Segretario del FN definì infatti nel 1987 (in un programma radiofonico) le camere a gas “un dettaglio della II guerra mondiale”, mentre nel 1989, in un'intervista sul quotidiano cattolico Prèsent, denunciò che “le grandi internazionali, come l'internazionale ebraica, giocano un ruolo tutt'altro che secondario nella costruzione dello spirito antinazionale”.
Analoghe uscite razziste e antiebraiche saranno caratteristiche anche di altri eletti e dirigenti del Front National, mentre varie formazioni estremiste, dai tradizionalisti cattolici nostalgici della Vandea alle bande naziskin, cominceranno a considerare il mondo lepenista come il loro partito di riferimento.
Indubbiamente il Front National, negli anni '80, seppe interpretare un'anima della società francese che si sentiva spaventata dalla paura di perdere la sua identità a contatto con la globalizzazione (delocalizzazione produttiva, nuove ondate di flussi migratori, società multiculturale, crescente laicismo...) andando a conquistare significativi consensi tanto nelle periferie rosse parigine, quanto nella profonda provinicia agricola e manifatturiera francese.
È infatti innegabile che questa piccola formazione, col carisma del suo battagliero leader e padre-padrone, in meno di un decennio riuscì, nazionalmente, a creare una pressione molto forte su tutto il quadro politico, radicalizzandone la discussione e, a livello europeo, divenne il nuovo modello da imitare per l'estrema destra degli anni '90.
Elia Rosati