Donne nella Grande Guerra
di AA.VV., Ed. Il Mulino, 2014, pp.242, euro 22,00
Protagoniste di queste pagine sono soprattutto crocerossine, maestre, operaie, sarte. Ma il loro destino, per quotidianità e per passione condivisa, è stato sempre più modellato a quello delle casalinghe e delle madri di famiglia: curano malati, trasportano biancheria, manovrano telai tessili e insegnano in scuole isolate e malmesse.
Dacia Maraini, nell’introduzione, annota che le loro sono storie esemplari nella “umiltà e chiarezza”. Storie che raccontano il coraggio e la tenacia, la forza delle loro azioni, prima, durante e dopo una guerra devastante: pronte a rischiare la vita per difendere la libertà di parola, di pensiero e di movimento. Donne che hanno avuto una parte importante nelle cronache del tempo e che qualche volta sono state anche riconosciute e ammirate dai loro contemporanei. Però, appena è cominciata la sistemazione della memoria comune, con un processo che potrebbe essere paragonato alla scomparsa carsica dei corsi d’acqua (che pure alimentano importanti sorgenti), sono passate “nel silenzio di una sepoltura che viene considerata naturale, ma naturale non è”.
Il libro, scritto a più mani, è la storia di donne come Maria Plozner Mentil, che ogni giorno portava in montagna, camminando per ore e ore, armi e munizioni dentro una cesta coperta di panni puliti e tornava a valle nel pomeriggio con la gerla piena di indumenti sporchi. Come Luisa Zeni, spia per amore del proprio paese. Come Stefania Türr, figlia di un coraggioso ufficiale ungherese, combattente con Garibaldi. Interventista, riuscì a diventare “inviata al fronte”, una figura del tutto nuova nel giornalismo di quel tempo: una delle prime donne a scrivere dalle trincee, in presa diretta. O come Fanny Dal Ry che si prodigava per diffondere l’istruzione fra le bambine e le ragazze di un’Italia in cui il 60 per cento della popolazione era analfabeta; e che in un’epoca in cui i maestri e le maestre, ma anche gli insegnanti universitari, erano costretti a firmare l’adesione al fascio, lasciò nel 1926 la scuola per non sottoscriverla.
A Redipuglia, nel monumentale cimitero, sono sepolti centomila soldati italiani e una donna. Una sola, a ricordo delle quasi diecimila che parteciparono a quella guerra, come infermiere, spesso volontariamente in prima linea; andate al fronte – il più delle volte – senza l’approvazione della famiglia: il suo nome è Margherita Kaiser Parodi Orlando e fu decorata con la medaglia di bronzo al valor militare. Questa la motivazione: “Era rimasta al suo posto mentre il nemico bombardava la zona dov’era situato l’ospedale cui era addetta”.
Il libro racconta anche della regina Elena che trasformò il Quirinale in ospedale, delle intellettuali che militarono pro o contro la guerra: da Margherita Sarfatti a Eva Amendola e ad Angelica Balabanoff; per finire con Rosa Genoni, pioniera della moda italiana, che abbandonò il lavoro e si batté contro la guerra.
Le Autrici del volume (Elena Doni, Claudia Galimberti, Lia Levi, Maria Serena Palieri, Cristiana di San Marzano, Francesca Sancin, Mirella Serri, Federica Tagliaventi e Simona Tagliaventi), tranne Marta Boneschi e Paola Cioni, fanno parte di “Controparola”, un gruppo di giornaliste e scrittrici, nato nel 1992, per iniziativa di Dacia Maraini. L’Associazione è incentrata sull’idea comune di mettere in evidenza le conseguenze della discriminazione che riguarda la vita, la creatività, la libertà delle donne. “Controparola” ha già dato alle stampe quattro libri: uno sulle donne e il fascismo (“Piccole italiane. Un raggiro durato vent’anni”, 1994); un altro sulla condizione femminile del ‘900 (“Il Novecento delle italiane”, 2001); uno sul femminicidio (“Amorosi assassini”, 2008); il quarto sul Risorgimento dimenticato (“Le donne del Risorgimento”, 2011).