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Il popolo russo in guerra

di Sof'ja Fedorcenko, ADV, 2014, pp.133, euro 10,00

L’Autrice di queste pagine, allo scoppio della Grande guerra, si recò al fronte come infermiera, restandovi fino al 1916. Da questa esperienza nacque “Il popolo russo in guerra” che uscì prima su una rivista e poi in volume a Kiev, nel 1917, in mezzo alle due rivoluzioni, quella di febbraio e quella d’ottobre. Accolto con favore dagli intellettuali del tempo (in particolare da Aleksandr Block e Maksim Gorkij), fu subito tradotto in inglese, francese e tedesco. Nel 1928, però, per la critica di quel periodo, non venne più ristampato in Urss, fino al 1990.


Sfogliando il testo, non troviamo lo sguardo personale dell’Autrice sulla guerra, bensì le voci di decine di soldati senza nome, contadini e operai, in combattimenti che ai loro occhi appaiono incomprensibili e destinati da lì a breve a trasformarsi in lotta di classe. Refrattaria all’enfasi patriottica, la Fedorcenko si fa interprete di una umanità subalterna e sofferente.
Ricostruendo nel 1927, a distanza di dieci anni, la genesi del libro, la Fedorcenko (Autrice di storie per l’infanzia) ricordò l’insofferenza provata a Mosca, nell’estate 1916, al suo rientro in convalescenza dal fronte, dopo aver prestato servizio per un anno e otto mesi: “mi sono messa a leggere di tutto e tutto mi pareva illeggibile. In versi e in prosa… Da qui la decisione di scrivere nient’altro che la verità sulla guerra, anche se a scrivere tutta la verità non ci sarei mai riuscita”. Una scelta che comportò, per la scrittrice, non solo la rinuncia a forme letterarie “classiche”, come il diario o il romanzo (tentati sulle prime, senza successo), ma anche la messa tra parentesi del suo punto di vista. Così non commenta, non spiega, non ammaestra; si limita a orchestrare le varie voci, facendo risaltare “alcuni leitmotiv all’interno di una trama sonora che resta pervicacemente anonima, sovraindividuale, collettiva. In altri termini, riduce la propria presenza nel testo a un mero ruolo di regia”.
Il libro, un incastro originale di voci, dà spazio agli umori più disparati: la fedeltà verso i superiori e la tentazione di rivolgere le armi contro chi ha mandato il popolo a combattere; la nostalgia della casa e la voglia di cominciare una nuova vita; l’avversione per il nemico e la violenza subita o inferta.Pagine a un tempo epiche e laconiche – come è stato scritto – che restituiscono il ritratto collettivo del soldato russo di quei tempi, senza censure né abbellimenti. “È il quadro più fedele e veritiero che io conosca della Grande guerra, non scritto da un uomo di lettere, ma parlato da uomini che, senza saperlo, sono tutti scrittori”, ebbe a dire a suo tempo Elias Canetti, l’Autore di “Masse e potere”, che aveva letto il libro in una traduzione tedesca e lo riteneva tra i suoi livres de chevet.