La Rosa Bianca
di Lorenzo Tibaldo, Claudiana editrice, 2014, pp.251, euro 14,90
Tra l’estate del 1942 e il febbraio del 1943, alcune serie di volantini firmati “Weise Rose” (“Rosa Bianca”) incitò il popolo tedesco a ribellarsi al nazionalsocialismo in nome della libertà, della giustizia e della fratellanza dei popoli. A diffonderli, un gruppo di studenti dell’Università di Monaco di Baviera.
Un nucleo di giovani resistenti cristiani, costituito dai fratelli Sophie e Hans Scholl, da Alexander Schmorell, da Willi Graff, da Cristoph Probst e dal professore Kurt Huber, legati tra loro da profonda amicizia. Prima dei volantini fu diffuso dal gruppo un foglio clandestino “Lanterna”. L’ultimo numero uscì quattro mesi prima della stampa del primo manifestino.
Gli strumenti necessari per la stampa dei volantini furono acquistati con il contributo di Alexander Schmorell. L’atelier dell’architetto Manfred Eickemeyer fu messo a disposizione del gruppo per la redazione dei testi e per la stampa.
Il primo numero fu preparato da Hans Scholl, Alexander Schmorell e da Cristoph Probst. Il tema affrontato: il potere e lo stato, quindi il regime totalitario. Il volantino riportava, come in tutti i successivi, l’invito a ricopiarlo e a diffonderlo. Le reazioni dei lettori furono diverse: consegna di copie alla Gestapo o distruzione per paura; mentre altri raccolsero l’invito a diffonderlo.
Nel quinto fu inserita nell’intestazione la dicitura “Volantino del movimento di resistenza”, come se i componenti del gruppo volessero sottolineare di non sentirsi più soli, ma parte di un movimento più ampio. Il testo non fu più solo un invito alla ribellione ma offrì una apertura verso il futuro, verso un nuovo assetto economico, sociale e politico, in chiave europea. Fu un salto di qualità che preoccupò la Gestapo che non riusciva a stabilirne l’identità socio-politica e a valutarne la consistenza. Per questo chiese la collaborazione di un filologo, per analizzare il testo. Nella relazione, lo studioso scrisse: “Nel complesso l’autore si presenta come un intellettuale dotato, che rivolge la sua propaganda ai circoli accademici e, in particolare, agli ambienti studenteschi. I volantini non hanno il tono di una amareggiata solitudine, ma non sono sicuramente il prodotto di un gruppo attivo nel campo propriamente politico…”. Senza saperlo, fu così tracciato l’identikit sociale e culturale della “Rosa Bianca”.
Scoperti, gli autori dei volantini furono processati e condannati a morte con decapitazione, nel 1943. Nella seconda metà di quell’anno, l’ultimo numero fu duplicato in migliaia di copie e lanciato, da parte della Royal Air Force, sulle città di Monaco, Berlino, Weimer, Münster, Dortmund e Düsseldorf. Un incitamento al popolo tedesco a lottare per la libertà, ma anche un messaggio per la futura Europa che nascerà sulle rovine della guerra.
Nella prefazione al libro, Paolo Ghezzi scrive che alla socializzazione imposta dalla propaganda e dalle organizzazioni obbligatorie del regime, Hans Scholl e i suoi amici contrapposero una rete piccola ma tenace, profonda di parole e di reciproche confidenze, e un continuo confronto dialettico sui temi che contavano. Il tutto innervato dalla spiritualità cristiana che attraversava facilmente i regimi confessionali, tra gli Scholl evangelici, Willi Graf cattolico, Alexander Schmorell ortodosso, Cristoph Probst neppure battezzato, ma educato a una libera ricerca dal padre appassionato di religioni orientali.
Lorenzo Tibaldo è studioso di storia dell’Ottocento e del Novecento, in particolare delle organizzazioni del movimento dei lavoratori e della Resistenza.