Antonia Frigerio Conte
“So ben, ma chi se trata de fa ‘l propi duver”, rispondeva, in dialetto meneghino, Antonia a quanti la avvisavano dei rischi che correva collaborando all’attività antifascista dello Studio legale di Luciano Elmo.
Nell’autunno del 1944 la giovane impiegata fu infatti arrestata dalla polizia repubblichina e rinchiusa nel carcere di Milano. A “San Vittore”, nonostante giorni di torture, la Frigerio riuscì a mantenere segrete la dislocazione delle forze partigiane, le formule dei codici per i messaggi di Radio Londra, diecine di indirizzi di resistenti milanesi.
Il 7 settembre 1944 la segretaria di Elmo, consegnata dai fascisti repubblichini alle SS, saliva su un convoglio diretto al campo di Bolzano-Griess. Con lei, tra gli altri deportati, Laura Conti e Maria Arata. Il viaggio della Conti terminerà a Bolzano. Per la Frigerio e la Arata il trasporto riprenderà per Ravensbruck dove, subito dopo la selezione, Antonia Frigerio Conte verrà eliminata nella camera a gas.
Maria Arata, sopravvissuta alla deportazione, lo racconterà nel dopoguerra nel libro, edito da Mursia, “Il ponte dei corvi”.
Nel ventennale della Liberazione il vedovo di Antonia Frigerio e l’ANPI di Milano hanno collocato nel quartiere di Niguarda, in via Val Cismon, una lapide sulla quale è inciso: “A ricordo della partigiana/ ANTONIA FRIGERIO in CONTE/ simbolo del grande e prezioso contributo/ della donna italiana/ alla lotta contro l’invasore tedesco/ e l’oppressore fascista.”