Antonio Carini
Comunista, dopo il servizio militare, per non vivere sotto il fascismo, aveva deciso di emigrare in Argentina. Nel novembre del 1936, Carini era accorso volontario in Spagna, con il primo gruppo d'antifascisti italiani residenti nelle Americhe. Con il grado di sergente, entrò nel Battaglione Garibaldi, prendendo parte a tutti i combattimenti, prima sul fronte di Madrid e poi a Huesca, a Farlete (sul fronte di Saragozza) e sull'Ebro. Tra il mese di giugno del '37 e l'agosto del 1938 il volontario italiano fu ferito tre volte. Per la sua audacia di combattente e per le dimostrate capacità di comando, a Carini furono affidati incarichi di sempre maggiore rilievo. Era commissario politico addetto all'intendenza della Brigata Garibaldi quando, nel gennaio del 1939, partecipò alla difesa di Barcellona. Un mese dopo, essendosi deciso il ritiro delle Brigate internazionali dalla Spagna, l'operaio italiano passò in Francia. Qui Carini fu internato nel campo di Saint Cyprien e poi in quelli di Gurs e di Vernet, dove partecipò alla direzione della vita politica dei fuoriusciti. Nel 1941, sulla base delle direttive del Partito comunista italiano, chiese di essere rimpatriato. Consegnato dalle autorità francesi alla polizia italiana, Antonio Carini fu condotto a Piacenza e processato. Condannato a quattro anni di confino a Ventotene, l'operaio comunista riottenne la libertà alla caduta del fascismo. Nell'agosto del 1943 Carini era già a Piacenza, per riorganizzarvi il partito comunista. Subito dopo l'armistizio, come ispettore del Comando generale delle Brigate d'assalto Garibaldi, si diede ad organizzare formazioni partigiane in varie zone dell'Emilia, sino a che non fu nominato commissario dell'8a Brigata Garibaldi, operante in Romagna. Nel corso di uno dei tanti spostamenti dalla montagna alla pianura, mentre si accingeva ad attraversare il fiume Ronco nei pressi di Teodorano di Meldola, il valoroso dirigente partigiano cadde nelle mani dei fascisti. Era il 9 di marzo del 1944. Tradotto alla Rocca delle Caminate, per quattro giorni Carini, com'è ricordato nella motivazione della decorazione al valore, "affrontava con animo stoico e sereno le più atroci sevizie e torture, senza che mai nulla di benché minimamente compromettente potesse uscire dalle sue labbra". Inferociti di fronte al suo coraggioso contegno, i fascisti legarono ad un'auto Carini, ridotto ormai in fin di vita, e lo trascinarono al Ponte dei Veneziani di Meldola, da dove lo buttarono nel Ronco, dopo averlo pugnalato e sfigurato a colpi di pietra. Un testimone ebbe a raccontare che, quando il corpo di Carini fu recuperato, il medico incaricato dell'autopsia, svenne per le condizioni del cadavere. Il Comune di Meldola ha dedicato una strada ad Antonio Carini.