Antonio Gentili
Aveva soltanto 15 anni quando aveva lasciato l'Isola d'Elba ed aveva preceduto il padre e il resto della famiglia a Milano. Nella metropoli lombarda, il ragazzino aveva trovato lavoro come apprendista meccanico alla OM. A Milano, Antonio riprende gli studi (interrotti all'Elba, senza aver terminato l'«avviamento professionale»), frequentando, dopo il lavoro, le scuole serali. Il padre del ragazzo, Vincenzo, è un comunista di vecchia data. È così del tutto naturale, per Antonio, prendere contatto in fabbrica con operai antifascisti ed iniziare l'attività clandestina contro il regime. Il giovane diffondel'Unità e l'altra stampa antifascista, sino a che, il 24 ottobre 1942, è arrestato e deferito al Tribunale speciale. È ancora detenuto a San Vittore alla caduta di Mussolini. A nulla varrà l'iniziativa di una delle sorelle (Anna), che capeggia davanti al carcere una manifestazione per reclamare l'immediata liberazione dei detenuti politici. Antonio sarà scarcerato soltanto il 3 settembre e, dopo l'annuncio dell'armistizio, prende parte attiva alla lotta di liberazione col nome di battaglia di "Spartaco", nome mutuato da quella Voce di Spartaco che aveva contribuito a diffondere. Tradito da una spia (un tale Fabio Tenaglia, che si era infiltrato tra gli antifascisti attivi nella zona di Affori), il ragazzo, che si fa passare per "Gianni Santovito", è arrestato nel febbraio 1944. Nemmeno sotto tortura rivelerà la sua vera identità (la confiderà a un compagno di prigionia in Germania). Viene spedito prima a Fossoli, poi a Bolzano e infine nel campo di sterminio di Mauthausen. Morirà per le sevizie nel lager di Gusen. Toccherà al fratello Dino, sopravvissuto alle durezze di un campo di lavoro in Germania, ritirare la Medaglia che, a "Spartaco", è stata conferita dopo la Liberazione.