Domenico Rivalta
Giovanissimo, Rivalta aveva aderito al movimento antifascista imolese e già nel 1928 era finito in carcere. Fu rilasciato per la sua giovane età, ma sottoposto per due anni a vigilanza speciale. Nonostante i controlli, il ragazzo non interruppe mai l'attività clandestina e dopo l'8 settembre 1943, tra gli organizzatori della Resistenza imolese, divenne membro del Comitato di zona del Partito comunista. Agli inizi dell'aprile 1945, il muratore comunista cadde nelle mani della Brigata nera. Sottoposto ad ogni sorta di tortura dai fascisti, questi non ne ottennero alcuna informazione. Il corpo orrendamente straziato di Domenico Rivalta fu scoperto, il 15 aprile del 1945, in un pozzo di uno stabilimento ortofrutticolo di Imola; i fascisti ve lo avevano gettato con quelli ai altri quindici giovani antifascisti trucidati. La motivazione della MdO concessa nel 1969 alla memoria di Minghinè, così Rivalta era chiamato durante la Resistenza, recita: "Patriota di pura fede, abile organizzatore delle prime forze partigiane della sua zona, le conduceva brillantemente, in venti mesi di dura lotta, in numerose vittoriose azioni. Pur sapendosi ricercato per la sua fama di capo audace e tenace, svolgeva intensamente la sua attività partigiana, sempre presente ove maggiore era il pericolo con la parola e l'azione. Catturato e sottoposto a dure sevizie e snervanti interrogatori, nulla rivelava che potesse tradire commilitoni e reparti partigiani resistendo con ferrea volontà ai patimenti più atroci finché, all'alba dell'insurrezione generale, veniva barbaramente trucidato. Nobile esempio di profondo amor patrio e di alto eroismo".