Elvira Berrini Pajetta
Era figlia di un ingegnere, dipendente delle Ferrovie e di una contadina. Appena conseguito il diploma di maestra elementare, preferì lasciare Roma - era cresciuta tra la Capitale e Torino - per insegnare nel piccolo paese lombardo, Taino in provincia di Varese, di cui la famiglia era originaria. Quando si trasferì a Torino, dove sposò un funzionario di banca (Carlo), insegnò nel popolare Borgo San Paolo. Qui divenne amica e compagna di lotta di Camilla Ravera e qui nacquero i suoi due primi figli Gian Carlo e Giuliano (il terzo, Gaspare, sarebbe caduto combattendo contro i nazifascisti).
Arrestata col marito per l'impegno politico dei figli maggiori ed esonerata perciò dall'insegnamento, "Mamma Pajetta" (come sarebbe stata affettuosamente chiamata nel secondo dopoguerra), fu animatrice a Torino del "Soccorso rosso" e fece spesso la spola con la Francia, quando Giuliano vi si era rifugiato. Neppure la perdita di Gaspare la indusse a desistere dalla lotta antifascista.
Dopo la Liberazione, Elvira fu consigliere al Comune di Torino e assessore alla Pubblica Istruzione. Attivissima nel suo partito e nell'Unione Donne Italiane, fu sicuramente la donna più popolare del Piemonte. Colpita da un grave male, lo combatté vanamente per due anni.
Sono state intitolate ad Elvira Pajetta (che è stata anche presidente dell'Istituto piemontese per la storia del movimento di Liberazione), strade, scuole, asili, associazioni culturali, sedi di partito a Novara, a Roma, a Torino, a Brandizzo (TO), a Sesto Calende (VA) e in molte altre località italiane.