Eugenio Jemina
Militante antifascista, il 28 marzo 1944 fu arrestato a Mondovì dai tedeschi. Incarcerato alle "Nuove di Torino, due mesi dopo fu trasferito nel campo di concentramento di Fossoli. Qui "Genio", come lo chiamavano gli amici, fu selezionato, nel luglio del 1944, con altri settanta prigionieri per essere fucilato nel vicino poligono di tiro di Cibeno (Modena). Era la rappresaglia tedesca per l'uccisione di sette soldati avvenuta a Genova. Mentre i tedeschi procedevano alle esecuzioni, l'antifascista cuneese prese la fuga con Mario Fasoli che, benché colpito da due proiettili, riuscì con "Genio" a scavalcare la recinzione di filo spinato del poligono. Aiutati dai contadini dei dintorni (Fasoli fu addirittura assistito, in un campo di granturco di Santa Croce, dal medico di Carpi, Marco Nannini), e dai partigiani del luogo, Jemina e Fasoli riuscirono a salvarsi. L'avvocato poté raggiungere Milano e poi Torino, dove si nascose sino alla Liberazione. Nel dopoguerra fu avvocato penalista e pubblico ministero nelle Corti d'Assise straordinarie.