Fermo Melotti
Già dal 1935, mentre lavorava in una fabbrica di materiale bellico, era diventato un oppositore della dittatura mussoliniana. L'8 settembre 1943, Melotti, che allora lavorava in uno stabilimento della Fiat, lasciò il lavoro e si diede ad organizzare i primi nuclei partigiani nella provincia. L'operaio fu prima alla testa dei GAP modenesi in numerose azioni di guerra, poi ricoprì (con il nome di battaglia di "Uragano"), alti incarichi nelle formazioni garibaldine che combattevano sull'Appennino Tosco-emiliano. Nel 1944, durante uno scontro con i nazifascisti, Melotti fu gravemente ferito, ma riuscì a sopravvivere e a continuare la lotta. Questa la motivazione della massima ricompensa al valore: «Promotore ed animatore della lotta partigiana, superba figura di combattente, compiva epiche gesta di sovrumano valore. Allo scopo di alleggerire la pressione nemica su alcune formazioni partigiane che stavano per essere sopraffatte, attuava, fra le altre, un'ardita azione rimanendo gravemente ferito in più parti del corpo e mutilato di una mano. Catturato e brutalmente martoriato, non una parola uscì dalle sue labbra. Dopo essersi assunto la responsabilità di un grave attentato, temendo che nel delirio potesse svelare notizie compromettenti il movimento partigiano, tentava due volte sopprimersi. Il nemico, ammirato da tanta fierezza e da tanto eroismo, dopo essere ricorso invano alle più allettanti lusinghe, lo condannava a morte. Rifiutava altre promesse e sopportava nuove torture che lo trovarono ancora più temprato nel dolore e nel martirio e che lumeggiarono la sua eccezionale forza d'animo. Al sopraggiungere dei suoi gappisti che venivano per liberarlo, scardinava con forza erculea la porta della cella e, sebbene nuovamente ferito nel fuggire, dopo aver fatto cenno ai compagni di lasciarlo e mettersi in salvo, riconquistava la libertà e ripigliava con maggiore entusiasmo la lotta inchiodando da solo, in una azione di somma audacia con il lancio di quattro bombe a mano, un carro armato che stava per annientare una formazione partigiana. Eseguiva instancabile numerosi altri fatti d'arme raccogliendo intorno a sé gli audaci fra gli audaci, attratti dalla sua aureola di eroe leggendario e infliggendo al nemico, smisuratamente superiore di numero e di mezzi, gravissime perdite. Ricevuto ordine di passare nella zona già liberata, a causa delle ferite riportate e del logoramento fisico, rifiutava decisamente. Nella battaglia finale per la liberazione della provincia di Modena, in una notte di duri e sanguinosi combattimenti, travolgeva, nel settore di Prignano, alla testa del suo reparto le fortissime linee germaniche ed entrava vittorioso a Sassuolo, liberandola. Esempio di eroismo leggendario, di sublime spirito di sacrificio e di assoluta dedizione alla causa della libertà».