Giuseppe Cordero Lanza di Montezemolo
Discendente da una famiglia dell'aristocrazia piemontese, seguì la tradizione militare dei suoi avi e, non ancora diciottenne, si arruolò volontario nella guerra 1915-18. Nel 1928 Montezemolo, che nel frattempo si era laureato in Ingegneria civile, fu promosso capitano e incaricato di insegnare presso la Scuola d'applicazione dell'Esercito. Queste le tappe della sua carriera militare: 1935, addetto allo Stato Maggiore; 1936, comandante di un battaglione del Genio telegrafisti inviato in appoggio dei franchisti in Spagna; 1940 è chiamato a far parte del Comando Supremo; giugno 1943 con il grado di colonnello assume il comando dell'11° Reparto Genio motorizzato; 27 luglio 1943, dirige la segreteria del maresciallo Badoglio, divenuto capo del governo al posto di Mussolini; 8 settembre 1943, il generale Calvi di Bergolo lo incarica di dirigere l'Ufficio affari civili di Roma. Due settimane dopo il colonnello Montezemolo è già alla macchia, sotto il nome di ing. Giacomo Cateratto. Per quattro mesi l'<ingegnere> organizza l'attività militare clandestina di ufficiali in gran parte di orientamento monarchico, si collega sia con il governo Badoglio sia con il Comando Alleato, tiene contatti con esponenti del Comitato di liberazione nazionale centrale di Roma. I nazifascisti, furibondi, lo cercano dappertutto; mettono su Montezemolo una grossa taglia. Infine riescono a sorprendere il colonnello nella casa del tenente Filippo De Grenet, che è uno dei suoi principali collaboratori. Arrestato con De Grenet, Montezemolo finisce, con il suo subalterno, nel comando della polizia tedesca di via Tasso. I due ufficiali vengono torturati, ma non parlano. Al colonnello vengono strappati ad uno ad uno i denti; poi i carnefici passano alle unghie dei piedi. Nella motivazione della ricompensa al valore è scritto che l'alto ufficiale, "sottoposto alle più inumane torture, manteneva l'assoluto segreto, salvando così l'organizzazione e la vita ai propri collaboratori". Due mesi è durato il calvario di Montezemolo, poi lui e De Grenet finirono trucidati, con altre 333 persone, alle Fosse Ardeatine.